Al Congresso Mondiale di Epidemiologia Ambientale svoltosi a Roma dal 1 al 4 settembre scorso sono state presentate alcune evidenze di danno sanitario, provocato dall’inquinamento industriale, a carico delle popolazioni nelle aree di Taranto e Brindisi . Si tratta di anticipazioni di uno studio commissionato dalla Regione Puglia ad un gruppo di ricerca guidato da Francesco Forastiere del DEP Lazio e composto da ricercatori di ARPA Puglia, Ares, ASL di Brindisi e Taranto.

Nell’ambito di tale studio, per quanto riguarda Brindisi, si è focalizzata l’attenzione sulle tre centrali elettriche che hanno iniziato la loro attività nel 1961, nel 1969 e nel 1991 con differenti combustibili (gasolio, orimulsion e carbone) prendendo in considerazione le loro specifiche emissioni. Nel contempo si è costituita una coorte di 223.994 persone residenti dal 2000 al 2013 in sette municipi della provincia compreso quello di Brindisi. Le persone sono state seguite nel loro destino sanitario fino al 2013.

A ciascuna persona è stato attribuito un livello di esposizione con l’ausilio di complessi modelli di calcolo utilizzando le emissioni in aria delle centrali elettriche relative all’anno 1998. I ricercatori hanno tenuto conto della posizione socio-economica dei componenti la coorte in base ai dati delle sezioni di censimento del 2001. Come è noto la posizione socio-economica ha un effetto importante sulla salute.

Nonostante l’apparentemente esiguo valore annuo (0,30 microgrammi/m3) del livello medio di esposizione della popolazione al PM10 originato dalle centrali elettriche, emerge, per coloro che sono stati più esposti di altri (differenza pari a 0,62 microgrammi/m3), un maggior rischio di morte per tutti i tumori (+8%), per tumore del pancreas (+11%), tumore della vescica (+16%), malattie respiratorie (+12%) e per eventi coronarici acuti (+11%).

I ricercatori concludono che “l’inquinamento industriale proveniente dalle centrali è stato associato con la mortalità della coorte costituita dalla popolazione residente nell’area”

Anche questo studio commissionato dalla Regione Puglia, come quello su Taranto, sarà molto probabilmente in possesso dell’autorità regionale nella sua versione integrale.  Sarebbe pertanto necessario che fosse reso noto al pubblico nella sua completezza. Ciò per conoscere eventuali differenze tra maschi e femmine e tra i residenti nei diversi Comuni studiati (Brindisi, Carovigno, Cellino, Mesagne, San Pietro, San Vito e Torchiarolo).

Ancora una volta siamo davanti a evidenze scientifiche che indicano come la pressione su ambiente e persone da parte di attività economiche che pur rientrano nei termini di rispetto delle soglie di legge, rappresenta un rischio documentato per la salute. Non vorremmo che l’attesa per un adeguamento delle norme alle conoscenze scientifiche determinasse una totale inazione delle autorità competenti, inazione che lasci le persone respirare e ammalarsi a norma di legge.

Appare anche opportuno che questo ultimo studio fosse acquisito dalla Procura della Repubblica competente, per il possibile rilievo penale di questi dati, sia con riferimento a fattispecie di reato contro l’ambiente che contro l’incolumità pubblica.