Di Vito Totire

Istituita diversi anni fa, da un governo di centro destra, come “giornata del lavoratore italiano all’estero”, la ricorrenza lascia molto perplessi e ciò ci induce a risolvere la contraddizione; la coincidenza significativa è quella della strage di Marcinelle in Belgio dove (1956) si consumò la ennesima strage operaia (262 morti di cui 136 italiani provenienti dalle regioni più povere); né la prima né l’ultima strage – a danno di lavoratori immigrati e non, ancora una volta sacrificati, come gli autoctoni, alle esigenze del profitto che hanno sempre la precedenza (tuttora) sulla sicurezza.

Da Marcinelle ad oggi la condizione ed organizzazione del lavoro non è migliorata; i costi umani li pagano sempre i più vulnerabili che sono spesso immigrati, addirittura sans papier, ridotti in condizioni schiavistiche oppure autoctoni comunque sfruttati e ricattati.

La istituzione della giornata fu voluta in particolare da un ministro ex-repubblichino; certamente i danni subiti dai lavoratori italiani all’estero devono essere ricordati; non solo la strage di Marcinelle ma anche quella nella Francia meridionale, Aigues mortes (1893), fine secolo diciannovesimo, dovuta ad una vera aggressione omicida

Ma anche alla luce della strage di questi giorni nella provincia di Foggia, una strage di migranti  che ha certo a che fare con la “sicurezza stradale” ma ha a che fare soprattutto con la organizzazione schiavistica del lavoro – POMODORI DI SANGUE – alla luce di questa strage, mettendo da parte penosi campanilismi e ideologie cosiddette “sovraniste”, bisogna prendere atto di come LA RICORRENZA DEBBA DIVENTARE LA GIORNATA MONDIALE DEL LAVORATORE ALL’ESTERO DA OVUNQUE PROVENGA E OVUNQUE SIA GIUNTO.

Tutti questi lavoratori – anche quando non arrivano allo status di lavoratori cui ambiscono! (qui il ricordo va agli ammazzati in mare per omissione di soccorso) sono in grave condizione di vulnerabilità e a loro dobbiamo riservare particolare attenzione; ma nella consapevolezza che non esiste contraddizione tra immigrati e autoctoni; affrontare le condizioni di vulnerabilità svela rischi la cui bonifica va a vantaggio di tutti i lavoratori.

Lo abbiamo visto anche con le ultime statistiche Inail che, per quanto sempre approssimate notevolmente per difetto, evidenziano con chiarezza questo dato in termini di aumento di infortuni mortali ai danni di immigrati; non in quanto immigrati ma in quanto collocati (più) sfavorevolmente nella gerarchia del potere dei luoghi di lavoro.

Che dire a questo proposito della penosa condotta del comune di Bologna che, a tanti anni dalla morte di Reuf Islami in un cantiere edile privo delle minime condizioni di sicurezza in via Ranzani, pur avendolo deliberato su proposta e pressione del circolo “Chico” Mendes, non ha ancora né intitolato la piazzetta a Reuf né collocato una targa ricordo?

A queste vergognose rimozioni portano le ideologie “sovraniste”: Reuf era lavoratore, immigrato all’estero, ma non italiano all’estero: meglio dimenticare?

Siamo certi di questo: se le istituzioni non ascoltano e continuano sulla retorica ipocrita e opportunista, gli italiani morti a Marcinelle e quelli massacrati ad Aigues mortes, sarebbero invece d’accordo con noi!

Basta con le stragi di operai “italiani” o immigrati, nessuna differenza; la memoria vale per tutti. L’organizzazione capitalistica del lavoro non fa discriminazioni sul colore della pelle: sfrutta chi può, quando può, il più possibile. In memoria di tutti gli esseri umani sfruttati e schiavizzati, è ora di riscossa!

Vito Totire, circolo “Chico” Mendes, centro Francesco Lorusso

Bologna, 7 agosto 2018