Cristina Mangia e Marco Cervino dell’ISAC-CNR con Emilio Gianicolo dell’IFC-CNR e dell’Università di Mainz hanno pubblicato su Air Quality, Atmosphere and Health, Springer-Nature, un articolo, (on-line dal  2 Agosto 2018 al seguenti indirizzi:  https://rdcu.be/3WIP   https://doi.org/10.1007/s11869-018-0610-4 ) dal titolo Valutazione della contaminazione da arsenico 40 anni dopo un disastro industriale: misure e modellazione della deposizione. (sintesi in italiano)

A quarant’anni dell’esplosione della colonna di decarbonatazione dell’urea a Manfredonia (26 settembre 1976) si continua a studiare cosa sia avvenuto esattamente e con quali conseguenze sulla salute umana. Dopo l’indagine epidemiologica commissionata nel 2013 dall’Amministrazione Comunale, che ha evidenziato un aumento di mortalità generale, per infarto miocardico e per tumore al polmone (tipico dei composti contenti arsenico) e per malformazioni neonatali, ora viene pubblicato lo studio ambientale che cerca di ricostruire la dispersione dell’arsenico sulla città e sulle aree agricole circostanti.

E’ in corso di pubblicazione anche l’aggiornamento della coorte dei lavoratori esposti all’arsenico dopo l’incidente. Di questo abbiamo già fornito una sintesi dalla quale emerge che a pagare le conseguenze dell’accaduto furono i lavoratori dell’appalto e quelli residenti a Manfredonia. (A MANFREDONIA I TUMORI AL POLMONE DOPO L’INCIDENTE DELL’ANIC NEL 1976 NON DIPESERO DAI GAMBERETTI ) Vale la pena ricordare che un processo avviato negli anni ’90 su questo incidente industriale del 1976, nel quale Medicina Democratico fu un’attiva parte civile) e conclusosi nel 2012 con assoluzione degli imputati ma con risarcimento di molti ammalati e famiglie di vittime da parte di Eni.

Questi studi hanno smentito la “teoria” secondo cui gli alti livelli di arsenico urinario riscontrato nei lavoratori dell’industria chimica di Manfredonia fino all’anno successivo all’incidente fossero dovuti all’alimentazione a base di crostacei. “Teoria” che ha trovato sostenitori in tempi recenti in ricercatori dell’Università di Bari.

Ma questi studi non hanno solo arricchito la conoscenza su quanto accaduto dopo l’incidente, conoscenza impedita dall’inerzia delle istituzioni preposte al controllo (a differenza di quanto avvenuto a Seveso dove fu costituita una coorte di popolazione immediatamente dopo l’incidente seguita poi per trent’anni). Nella conferenza dei servizi svoltasi al Ministero dello SE all’inizio di settembre sulla bonifica proprio dell’area in cui si verificò l’incidente, ex area 5, l’Amministrazione Comunale ha contestato la modalità di bonifica mediante tombamento proposta da Syndial proprio grazie allo studio epidemiologico condotto sulla popolazione di Manfredonia. Tale opposizione ha permesso di rinviare la decisione e di richiedere il parere del Ministero della Salute e della ASL che è anche coautrice dello studio epidemiologico di popolazione.

Ma su Manfredonia non sono stati attivi solo gli uomini di scienza. Varie realtà (tra cui la cooperativa Epidemiologia e Prevenzione, Medicina Democratica, Salute Pubblica) e singoli cittadini hanno prodotto il docufilm di Massimiliano Mazzotta, Manfredonia. La catastrofe continuata (2018).

Inoltre in questi giorni è stato pubblicato per le edizioni Jaca Book Manfredonia. Storia di una catastrofe continuata della storica fiorentina Giulia Malavasi che ha fatto parte del gruppo di ricerca (partecipata) impiantato dal Comune di Manfredonia. La prima presentazione avverrà il 26 ottobre prossimo a Manfredonia (ore 18.00) nella Sala Consigliare del Palazzo di Città alla presenza dell’autrice.

Dopo la chiusura dell’Enichem nel 1993 Manfredonia ha subito una crisi occupazionale ed economica gravissima. Il contratto d’area, proposto come rimedio e compensazione negli anni ’90, con l’apertura di alcune industrie nell’area del petrolchimico non bonificata non ha prodotto gli effetti sperati sull’economia locale e dopo alcuni anni le attività economiche, incentivate con denaro pubblico, hanno chiuso i battenti e sono ritornate al Nord. Il modello economico “eterodiretto”, nonostante gli insuccessi, continua ad essere riproposto. Sulla area incombe il progetto di una grande deposito di gas. Manfredonia, come tutto il Sud, continua ad essere guardato come una grande area di servizio (dopo la chimica e le centrali elettriche, questa è l’era del gas con tre gasdotti che approderanno nel Sud della Puglia). Le politiche economiche non prevedono nulla riguardo alla portualità ed ai collegamenti col resto dell’Italia e dell’Europa che potrebbero fare del Sud un approdo per il traffico merci internazionali.

Tra le aree industrializzate in Italia nel secondo dopoguerra Manfredonia è stata forse quella maggiormente oggetto di studio. Non perdere la memoria è necessario per non ripetere gli errori del passato.

Maurizio Portaluri

Brindisi, 6 ottobre 2018