I dati

Dalla perizia epidemiologica condotta su richiesta della Procura della Repubblica di Taranto sappiamo che (Forastiere, Biggeri et al. 2012):

  • i bambini e le bambine fino a 14 anni di età più esposti alle polveri industriali presentano un rischio maggiore di ricovero per tumore maligno (+25%)
  • i bambini e le bambine fino a 14 anni di età più esposti alle polveri industriali presentano un rischio maggiore di ricovero per malattie dell’apparato respiratorio (+9%).

Questi dati si confermano in tutta la loro gravità nell’indagine commissionata dalla Regione Puglia (Alessandrini, Leogrande et al. 2017), nella quale gli autori osservano anche un aumento delle gravidanze con esito abortivo (+16%), in associazione con esposizione ad anidride solforosa, tracciante delle emissioni industriali.

Ancora più recentemente e con riferimento alla salute riproduttiva Nannavecchia (ARESS Puglia), ha riportato nei siti di interesse nazionale pugliesi (Brindisi, Taranto, Manfredonia), per il periodo 2014-2017 un eccesso significativo del 88% dei parti pretermine, per i quali “Numerose evidenze riportano possibili associazioni tra esposizione a determinanti ambientali ed alterazione degli indici di salute riproduttiva” (Salute Pubblica 2018).

Nel 2012, Paola Michelozzi, già presidente dell’associazione italiana di epidemiologia e dirigente del dipartimento di epidemiologia del Lazio, definiva un fallimento quello dei “sistemi di controllo e di tutela della salute dei cittadini”. Era noto, infatti da tempo il disastro ambientale in corso a Taranto ma c’era stato bisogno dell’intervento della magistratura, affinché la questione dell’acciaieria potesse assurgere a rango di notizia da telegiornale della sera (Michelozzi 2012). Paola Michelozzi chiudeva il suo intervento auspicando un impegno del governo a sostenere azioni per una “progressiva bonifica degli impianti” ed una “strategia per ridurre le emissioni inquinanti”.

Nel 2014 il Rapporto del Registro Tumori Puglia riporta un Tasso Standardizzato di Tumori Infantili a Taranto di 216 contro 169 della regione e 164 dell’AIRTUM (i Registri Tumori Italiani). Nel dettaglio si osserva anche che nella Asl di Taranto i linfomi, i tumori epiteliali e i sarcomi registrano tassi standardizzati di incidenza apprezzabilmente più alti dei tassi AIRTUM (Registro Tumori Puglia, Rapporto 2014).

Nel 2016 lo studio “Definizione dell’esposizione a metalli con proprietà neurotossiche (As, Cd, Hg, Mn e Pb) in fluidi e tessuti di soggetti in età evolutiva (6-12 anni) residenti nelle aree di Taranto in studio e in un gruppo di controllo al fine di individuare eventuali difformità di esposizione e valutare le possibili associazioni con deficienze nella sfera neuro-comportamentale e cognitiva”,  condotto dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’ASL di Taranto in collaborazione con l’Università di Brescia, si è evidenziata una associazione dei punteggi di QI, test di iperattività, disturbi dell’attenzione e del comportamento sociale, con gli indicatori di biomonitoraggio, in modo particolare per il   piombo  ematico.

http://old.iss.it/binary/ilva/cont/3__127_222___Relazione_scientifica_CCM_Taranto_Finale.pdf

 I provvedimenti a tutela della salute

Che cosa le autorità hanno fatto in questi anni per i bambini? Il governo regionale precedente, dopo l’intervento della magistratura, ha investito molte risorse in un Centro Salute Ambiente e introdotto un regolamento in corrispondenza di giornate con vento forte da Nord (wind days) la cui efficacia non è stata ancora studiata in modo sistematico. Il governo regionale in carica ha fatto poi della de-carbonizzazione un suo punto programmatico che finora ha prodotto solo una pubblicazione sulla rivista medica The Lancet (Emiliano, Valenzano et al. 2018). La forza politica dell’attuale governo nazionale che alle ultime elezioni aveva riscosso a Taranto un successo mai prima registrato, con i primi provvedimenti sul siderurgico ha deluso molti dei suoi militanti portando Alessandro Battista, esponente di spicco e consigliere comunale del M5S, alle dimissioni dal movimento stesso.

In questo quadro appare più che mai urgente che le istituzioni perseguano obiettivi concreti di salvaguardia della salute pubblica. Non occorre inventare nulla come ricordava Paola Michelozzi sei anni fa: bisogna bonificare e ridurre le emissioni.

Proprio il 24 gennaio scorso la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha emesso la sentenza sul caso Ilva e dà sostanzialmente ragione ai ricorrenti. 180 cittadini dell’area tarantina che si erano rivolti alla Corte sostenendo di aver subito danni alla salute a causa delle emissioni dell’Ilva. Il ricorso accusava le autorità italiane di aver violato il diritto alla vita e quello al rispetto della vita familiare e privata, sanciti dalla Carta dei diritti dell’uomo. Lo Stato, a loro dire, non avrebbe adottato le necessarie misure legislative per proteggere la loro salute e l’ambiente, vista la pericolosità dell’impianto, e la popolazione non sarebbe stata adeguatamente informata sui danni derivanti alla salute stessa.

La Redazione

28 gennaio 2019