Vito Totire*

Alcune fonti hanno diffuso la notizia che si trattasse di una fabbrica di fuochi artificiali; sono giunte poi informazioni più dettagliate secondo cui si tratta di una azienda che si occupa di “recupero” di esplosivi di provenienza dal comparto militare; intanto sono morti tre operai, e questo è uno dei pochi fatti, purtroppo, certi; poi si ritorna nella confusione: l’infortunio si sarebbe verificato nella casamatta secondo alcuni, secondo altri sarebbe partito dal forno fusore; a rendere ancora più confuso il quadro la ipotesi – poco credibile – che fossero in corso attività di routine; ipotesi superficiale in quanto deve essere successo qualcosa che è andato oltre la ordinaria quotidianità.

Da lungo tempo sosteniamo che a monte di questi tragici  luttuosi eventi c’è inevitabilmente una valutazione del rischio inadeguata;  probabilmente non supportata dalla necessaria valutazione scrupolosa anche dei “quasi incidenti”, valutazione che deve ormai essere considerata socialmente e moralmente obbligatoria; risulta che nella fabbrica teatro della strage si siano verificati altri eventi gravi nel recente passato ma occorre comprendere meglio in quale passaggio la speranza di prevenzione sia “saltata”. 

Insistiamo sulla necessità di varare un REGISTRO NAZIONALE DEGLI INFORTUNI MORTALI SUL MODELLO DEL REGISTRO MESOTELIOMI; se redatto e gestito in maniera esaustiva può dare un contributo alla prevenzione anche se la speranza sarebbe, per un registro di questo genere, poterlo lasciare in bianco.

Si parla di recupero di materiale militare, dunque è forse da escludere la corresponsabilità di quelle nano particelle che sono invece il veicolo della crescita del rischio di esplosività nel comparto fuochi pirotecnici; ma se la ESPLODENTI SABINO manipola esplosivi “tradizionali” si tratta di un campo in cui dobbiamo agire una controinchiesta popolare come movimento antimilitarista per comprendere la realtà e le dinamiche delle attività produttive di questo comparto; si riempiono gli arsenali gonfiandoli a dismisura? Poi si rottamano merci che non aveva senso produrre? Si deve gestire una crescita del reperimento di vecchi ordigni della seconda guerra mondiale che, in effetti, negli ultimi tempi sembra maggiore di prima per gli effetti di opere e cantieri, anche “inutili” che proliferano nel territorio? Si devono smaltire vecchi armamenti per fare posto alle nuove tecnologie belliche? E’ un comparto, quello di armi ed esplosivi caratterizzato da una quasi totale segretezza e certamente da forme di “anarchia della produzione” che conduce a prassi aberranti; poco più di un anno fa intercettammo un avviso pubblico col quale il ministero degli interni faceva un bando per l’acquisto (per esercitazioni!) di 22.000 pallottole per la polizia penitenziaria; sembrò un “affare sproporzionato”; non avemmo l’energia per contestare e per chiedere “chiarimenti” ma, d’altra parte, gli sprechi e le spese assurde sono sotto gli occhi di tutti se è vero che in tempi di epidemia il governo stanzia miliardi di euro per armamenti !

Solidarietà e condoglianze a familiari, compagni ed amici degli operai morti sul lavoro. Diamo il nostro sostengo tecnico – pro bono – ad eventuali costituzione di parte civile! Basta con e produzioni di morte! Basta con i documenti di valutazione del rischio superficiali! Basta con la emarginazione degli rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Potenziare fortemente la vigilanza ispettiva, in particolare ovunque i rapporti di forza tra lavoratori e datori di lavoro siano particolarmente squilibrati.

Bologna, 22 dicembre 2020

* medico del lavoro, portavoce Rete per l’ecologia sociale