Il primo quesito è il tema di un articolo appena pubblicato su Environmental Health, una rivista scientifica inglese specializzata in temi di medicina occupazionale ed ambientale.

Gli autori hanno localizzato su una carta geografica oltre mezzo milioni di nati in Alabama (USA) dal 1991 al 2010. Di ciascun neonato hanno recuperato, dagli archivi sanitari correnti, informazioni sull’eventuale basso peso alla nascita e la nascita pre-termine. A queste informazioni hanno associato la distanza dell’abitazione di residenza delle madri dalle fabbriche di produzione di acciaio e coke e le emissioni annue di questi impianti in termini di benzene, toulene, etilbenzene e xilene – BTEX, ovvero di metalli quali arsenico, cadmio, piombo manganese e mercurio o in termini di idrocarburi policiclici aromatici.

Gli autori osservano un aumento del rischio di nascita pretermine e di basso peso alla nascita associato alla residenza entro 5 chilometri di distanza dagli impianti; inoltre, alte emissioni di BTEX sono associate a basso peso alla nascita; ed infine, alte emissioni di metalli, in particolare manganese e piombo, sono associate a nascite pretermine.

È importante studiare le cause del basso peso alla nascita e della nascita pretermine, in quanto queste sono due condizioni del neonato che possono aumentare il suo rischio di morte prematura, di disabilità, di diverse condizioni croniche, tra cui il diabete e le malattie cardiovascolari.

La letteratura su questi temi è crescente. In una ricerca di studiosi italiani condotta in Emilia Romagna, la residenza delle madri nei pressi diinceneritori è stata associata ad una frequenza maggiore di nati e nate di dimensioni inferiori rispetto a quanto ci si aspettava vista l’età gestazionale.

Anche in Puglia, nelle città con la maggiore presenza di industrie si sono osservati, tra gli altri, aumenti di rischio di malformazioni congenite (Fonte: CNR-ASL) e di gravidanze con esito abortivo (Fonte: Perizia disposta dal GIP della Procura di Taranto, dott.ssa Todisco).

A Brindisi, le malformazioni congenite alla nascita sono risultate associate ad esposizione materna ad anidride solforosa, gas prodotto dalla combustione dello zolfo contenuto nel carbone e nel petrolio.

A Taranto, le gravidanze con esito abortivo sono più frequenti nei quartieri, come Tamburi e Paolo VI, maggiormente investiti dalle polveri di origine industriale.

Questi studi insieme con una raccolta di firme hanno spinto la Regione Puglia a finanziare, nel luglio del 2013, un registro delle malformazioni congenite. Il protocollo di intesa tra i soggetti responsabili del registro, tra cui le ASL e l’ARPA, coordinati dalla neonatologia del Policlinico di Bari, prevede un rapporto annuale e la pubblicazione di un sito internet con lo scopo di “rendere accessibili, a livello aggregato, le informazioni prodotte e garantire trasparenza delle procedure”. Di tutto questo non c’è traccia. Ed allora ci chiediamo e chiediamo:

A che punto è questo registro? È cominciata la raccolta dati? Quanti casi di malformazioni sono stati diagnosticati tra i neonati pugliesi? Quanti aborti si sono registrati a causa di una malformazione congenita? Ci sono differenze tra le diverse aree della regione?

Qual è l’incidenza di malformazioni congenite nelle tre aree pugliesi ad elevato rischio di crisi ambientale di Brindisi, Manfredonia e Taranto?