Di Vittorio Fontana^

Da molto tempo in tutta Europa, e non solo, è in atto un attacco ai sistemi sanitari universalistici e si può dire che in molti casi si sia arrivati alla resa dei conti.

E’ notizia di poco tempo fa la manifestazione dei medici francesi.

“Francia, allarme ospedali pubblici“ titola il Manifesto online del 15/11/2019 descrivendo un sistema in pericolo di morte a causa della privatizzazione e dell’austerità.

Cito dal testo:

Primari, medici, infermieri, amministrativi e studenti di Medicina, un fiume lungo e tranquillo per denunciare lo stato d’emergenza dell’ospedale pubblico; non una manifestazione di categoria ma un grido d’allarme su uno dei pilastri del welfare che riguarda tutti i cittadini…

…L’ospedale pubblico soffoca, i pazienti si rivolgono sempre più ai Pronto soccorso mentre il numero dei letti diminuisce, ci sono difficoltà ad assumere medici e infermieri che si tirano indietro di fronte al carico di lavoro sempre più pesante e agli stipendi che non ‘seguono’.

E ancora:

La privatizzazione del sistema sanitario è in corso.

Ci sono 67 Pronto soccorso pubblici chiusi mentre 163 hanno aperto nel privato. Negli ultimi mesi dai 35 ospedali pubblici della regione parigina sono stati tagliati 900 posti-letto perché manca personale medico ed infermieristico. I contratti sono sempre più a tempo determinato. Nel frattempo le cliniche private sempre più affiliate a grandi gruppi internazionali, prosperano. Questo in Francia in questi giorni.

Ma poi si scopre che a crollare sotto i colpi delle spinte privatistiche e degli interessi economici di pochi, nell’ormai lontano 2013, è stato persino il glorioso National Health Service (NHS) istituito nel 1948, proprio quel sistema cui il nostro Sistema Sanitario nazionale si è ispirato quando fu istituito trent’anni più tardi, nel lontano 1978.

Ecco allora un libro che non mi sembra abbia avuto la risonanza che merita. Un libro non facile, perché non parla direttamente di cose nostrane, ma davvero molto interessante se si vogliono conoscere alcune dinamiche di privatizzazione per così dire standard, sperimentate con successo in Inghilterra ed importate pressochè paro-paro anche nelle regioni più ‘intraprendenti’ del nostro paese.

Sto parlando di: SSN SOS dall’Inghilterrra – Come il SSN è stato tradito e come si è deciso di salvarlo (Jago edizioni 2016 pp 252)

Si tratta della Traduzione italiana di un libro scritto in Inghilterra nel 2013 dopo l’approvazione dell’Health and social care act del ministro Andrew Lansely avvenuta sotto il governo Cameron. Il libro descrive quasi nel dettaglio l’iter che ha condotto all’approvazione della legge, Health and social care act, che di fatto ha smantellato il NHS, fondato nel lontano 1948. In Italia è stato tradotto nel 2016 dalla professoressa Sartor (Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università degli Studi di Milano) ed edito dalla Jago Edizioni di Verona.

Nel primo capitolo uno degli autori (Raymond Tallis) dice apertamente: “si potrebbe dire che il National Health Service, così come lo conosciamo, è stato abolito “. Ottimo incipit

Una faccenda puramente ideologica (ma anche molto ma molto redditizia ndr)

C’è una breve introduzione del regista inglese Ken Loach

Loach dice chiaramente che si tratta di “una faccenda puramente ideologica se fosse solo una questione finanziaria avremmo già in mano la soluzione”  

Cioè se si trattasse solo di un problema di sostenibilità finanziaria il problema sarebbe stato affrontato in altro modo e risolto in altro modo. D’altra parte, con un ragionamento semplice ma che mi appare convincente, viene da pensare che addurre la crisi economica e l’austerità come scusa per la presunta insostenibilità del SSN cozzi un po’ con un sistema nato sulle macerie del dopoguerra (così come in Italia nel 1978 in piena crisi petrolifera) quindi in condizioni economiche ben più svantaggiate.

Da più parti nel libro si fa notare che non c’era nessun buon motivo per smantellare il NHS

“non era qualcosa di rotto e non richiedeva certo di essere aggiustato” (pag. 18)

e ancora: “Perché hanno tentato di allontanarsi dal NHS se è un servizio pubblico fra i più efficienti, fra i meno costosi e fra i più giusti, tra quelli che esistono ovunque nel mondo?” si chiede a pagina 81 la baronessa Williams (senatrice che poi ci riserverà delle cattive sorprese dal punto di vista della coerenza al momento del voto).

Un problema ideologico appunto

“Ci sono sempre stati coloro ai quali l’idea di un’assistenza sanitaria finanziata dal pubblico, erogata dal pubblico e responsabile verso il pubblico, appare ripugnante. E potrebbe rimanere tale anche se fosse dimostrato che questi servizi sono i più efficaci, i più efficienti in termini di costi e i più apprezzati per le modalità di erogazione” (Tallis pag. 4)

Dice ancora Ken (Loach): “…per qualcuno la spinta al profitto è una disciplina necessaria… quando un bisogno non può generare un profitto il bisogno non trova risposta”

Ma è evidente a tutti che non si tratta solo di ideologia, follow the money recita un noto adagio. Più o meno le sole persone che celebrarono l’approvazione del controverso disegno di legge erano del settore privato, desiderose di mettere le mani su una quota più ampia dei 100 miliardi di sterline del budget sanitario inglese (pag. 20)

Il tentativo di smantellamento del NHS parte da lontano, forse fin dalla sua istituzione.

Perfino la British Medical Association vi si oppose (!)

Più tardi sarebbe stato il sogno di Margaret Thatcher e dei suoi seguaci così impegnati a distruggere per intero il Welfare State. Ma questa impresa non riuscì nemmeno alla Lady di ferro perché i tempi non erano maturi e “smantellare il NHS era ancora inaccettabile per la maggioranza di quelli che offrivano e usavano i servizi pubblici” (pag. 4)

Ci sono voluti anni e una gran tenacia, una vision e una mission ostinata si direbbe con linguaggio aziendalistico ma in Inghilterra pare proprio che alla fine ce l’abbiano fatta.

La privatizzazione in poche mosse (tutta tecnica, baby)

Cosa serve per privatizzare (in breve): motivazioni forti (politiche, ideologiche e interessate al profitto), il lusso di poter lavorare sui tempi lunghi,  arruolare politici ‘corrotti’ da interessi privati, aziendalizzazione spinta (managed care, esternalizzazione di servizi, contratti precari, salari bassi), sotto finanziamento del settore pubblico, negazionismo (negazione dell’evidenza, mascheramento continuativo degli intenti reali, diffusione di bugie) marginalizzazione dei professionisti (precarizzazione, svilimento e sfinimento) complicità di alcuni professionisti (per avidità, ignoranza, incompetenza, stoltezza) complicità dei sindacati, delle associazioni di categoria dei professionisti,  complicità dei media.

Dettagliando appena un po’

APRIRE LA STRADA AI PRIVATI (un passo alla volta)

AZIENDALIZZAZIONE

(Vedi anche più avanti: dare troppo potere ai manager)

Non posso fare a meno di pensare che, ovunque, il processo di aziendalizzazione (anche quando sia stato usato in buona fede nel tentativo di rendere il sistema più efficiente) sia stata la madre di ogni tentativo di privatizzazione, il grimaldello che ha permesso di scardinare i principi del sistema sanitario universalistico, aprendo la porta a tutto il resto.

Quello che si capisce è che a un certo punto (ormai molti anni fa) una certa parte del mondo politico-sanitario spinto dall’ideologia e dagli enormi interessi economici in gioco ha deciso di prendere a modello la managed care USA (assistenza commercialmente gestita) cioè un modello che si è dimostrato del tutto fallimentare nel difendere la salute pubblica però a costi più elevati (qui c’è davvero del genio).

Dice Player nel capitolo 2 (pag. 42): con il supporto della Banca mondiale e di altre istituzioni finanziarie, l’industria ora mirava ad esportare le iniziative di managed care che tramutano le istituzioni sanitarie pubbliche in management privato, in proprietà privata o entrambi nel mondo. Non solo le multinazionali USA ma anche quelle europee cominciarono a cercare mercati all’estero e furono particolarmente interessati al potenziale offerto dai sistemi sanitari finanziati dallo stato.

SOTTOFINANZIAMENTO

Dice il saggio Noam Chomsky: se si vuole privatizzare un sistema (che di fatto significa privare i cittadini di un bene pubblico ndr) innanzitutto bisogna tagliare i fondi per renderlo inefficiente. In questo modo anche i cittadini saranno spinti a cercare altrove (nel privato) una risposta ai loro bisogni. Così nel secondo capitolo del libro John Lister racconta del ridimensionamento: tagli, chiusure e razionamento dei servizi del settore pubblico vanno a doppio filo con la privatizzazione e la creazione di un nuovo mercato della sanità. L’obiettivo è ridimensionare i fornitori pubblici, degradare, screditare i servizi pubblici e rafforzare la posizione di compagnie private. Esse puntano la loro attenzione sull’aggiudicazione di contratti per l’erogazione dei servizi, specialmente nell’assistenza primaria e nella sanità di comunità.

DISACCOPPIARE MEDICINA DI BASE ED OSPEDALI DAL NHS

Il modo più ovvio per iniziare ad introdurre gli assicuratori privati nel NHS era attraverso l’attività di committenza (pag. 54). Separare quindi committenza da erogazione è stato un passo cruciale del percorso di privatizzazione della ‘medicina di base’. Così per erogare prestazioni ora va bene ‘ogni qualificato fornitore’ ma non viene ben chiarito in cosa di fatto consista questa qualificazione (amichetti del quartierino, furbi, avidi e malintenzionati accanto e alla pari con soggetti di provata professionalità).  

Praticamente il NHS viene trasformato in un marchio, un’entità quasi astratta che serve solo a certificare gli erogatori privati. L’ente, all’interno del NHS, deputato alle certificazioni è poi di fatto sotto il controllo dei privati (!). Nella fase preparatoria i medici di base vennero allettati con la prospettiva di gestire le attività di committenza e un cospicuo budget, naturalmente questa si rivelerà la cosiddetta esca per la trappola.

Trasformare gli Ospedali in Fondazioni trasformando soggetti pubblici in soggetti di diritto privato gestiti di fatto come attività commerciali not-for-profit e sottraendoli al controllo pubblico (pag. 44).

MARGINALIZZARE I PROFESSIONISTI 

Cito integralmente (è il geriatra Tallis che parla): la classe politica durante gli ultimi decenni ha considerato i medici con un crescente ed aperto disprezzo. Invece di essere rispettati come sostenitori dei pazienti e titolari di un’expertise unica nel prendersi cura nel miglior modo dei pazienti e nello stabilire quale possa esser il miglior contesto nel quale questa assistenza possa essere erogata, essi vengono dipinti come istintivamente conservatori, irrazionalmente contro il cambiamento, incapaci di vedere ciò che necessita per quest’ultimo e ossessionati dai propri interessi auto-percepiti. Tutto ciò ha avuto come risultato una progressiva marginalizzazione del ruolo dei medici nel processo di riconfigurazione dei servizi su cui lavorano. Naturalmente ogni amministrazione ha trovato dentro la professione una quantità sufficiente di ‘utili idioti’ che agissero come giocosi sostenitori nei confronti di qualsiasi idea attraversasse la mente di un ambizioso Segretario di Stato (in questo caso Lansley, da noi un qualunque ambizioso e malintenzionato Assessore regionale alla sanità).

Dare eccessivo potere ai manager

Prosegue Tallis: …I manager hanno una considerevole influenza sul finanziamento dell’ospedale e sulle sue Unità, sulle assegnazioni alle posizioni interne e sugli aumenti di stipendio, possono deferire i dottori all’Ordine e perfino farli licenziare, bollandoli come piantagrane quindi rendendo loro difficile  ottenere ulteriori impieghi nel NHS (“i piantagrane creano difficoltà solo a loro stessi”)…in un report della Joint Commission International fu identificata una cultura della paura e della condiscendenza più che quella dell’imparare, dell’innovazione e della partecipazione. Naturalmente queste tendenze sono state esacerbate dalla precarizzazione della forza-lavoro medica.

E ancora: il managerialismo ha ridotto molti medici a meri funzionari di ristrette vedute

L’aziendalizzazione richiede di instillare l’etica dell’impresa rimpiazzando l’ideale fondamentale del professionista. Non sei più il servitore delle persone che vengono da te per essere aiutate, non sei più chi è in grado di rispondere agli ideali della tua professione ma vieni trasformato in un medico d’affari (pensate anche solo ai DRG ospedalieri, al feticcio che sono diventati e a tutte le loro distorsioni più o meno lecite).

Come conseguenza di tutto ciò: ALLONTANARE I MEDICI DAL NHS peggiorando le loro condizioni lavorative e i loro contratti ed allettandoli con più facili guadagni al di fuori del NHS (non aggiungo altro).

COMPLICITÀ DELLE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI

Ma  ad asfaltare la via per la riforma ci sono stati naturalmente anche  i medici  e soprattutto i loro rappresentanti “ sembra improbabile che il disegno di legge sarebbe sopravvissuto all’opposizione di una professione unita…” dice Tallis a pagina 10  e ancora  Davis e Wrigley nel capitolo 4  pagina 88: una larga parte della responsabilità risiede nel comportamento dell’establishment medico, il cui silenzio, combinato con la mancanza di leadership e di un’opposizione tempestiva ha consentito alla compagine di governo di farla franca nonostante  l’imponente tradimento del NHS messo in atto.

D’altra parte, come ho già avuto modo di ricordare, tra gli oppositori alla nascita del NHS nel 1948 ci fu in prima fila proprio la BMA (British  Medical Association).

E proprio la BMA con il suo allora (ai tempi della legge Lansley) presidente Hamish Meldrum non ci fa una bella figura. La principale organizzazione sindacale dei medici, infischiandosene dei pareri contrari della sua base, optò per il cosiddetto ‘impegno critico’ che alla fine si risolse in un inutile tergiversare /temporeggiare finché non fu troppo tardi.

Le strutture rappresentative dei medici si rivelarono incapaci di rappresentare i loro associati per non parlare degli interessi dei loro pazienti (Davis e Wrigley pag. 120).

Ma ci sono anche le responsabilità dei singoli, i cosiddetti sostenitori entusiasti altrove chiamati anche utili idioti (vedi sopra). Sfortunatamente l’impegno di una minoranza entusiasta permise al Governo di affermare che i medici avevano sostenuto il disegno di legge proprio fino al giorno dell’approvazione (pag.  114).

Concludo anche se nel libro c’è naturalmente molto di più e anche di più interessante, per questo consiglio di leggerlo, e perché no, di studiarlo attentamente.

La stessa professoressa Sartor, traduttrice di questo non semplice volume, in una presentazione del 2018 si rammarica di essere arrivata così tardi. Ora è addirittura passato altro tempo e io rimango stupefatto di non averne mai sentito parlare fino a pochi mesi fa.

In ogni modo, per tardi che sia, per tecnico e riferito alla realtà inglese che sia, io credo che questo libro possa ancora valere come esempio di un ‘canovaccio a favore della privatizzazione dei sistemi sanitari’ messo in scena ovunque esistano dei sistemi sanitari pubblici da aggredire. E come tale da studiare velocemente laddove c’è ancora spazio per opporsi alla deriva privatistica del SSN (perfino in quelle Regioni dove si è già andati oltre si può ancora difendere ciò che rimane della sanità pubblica ed evitarne l’estinzione).

La resistenza

Le ultime pagine del libro (postfazione: Cosa si può fare per salvare il NHS) sono dedicate a come organizzare la resistenza con tanto di consigli pratici. Sarà eventualmente oggetto di una seconda parte di questa già difficile recensione/articolo (se dovesse interessare).

Qualcuno dovrà certamente raccontarci qual è oggi la realtà del NHS a oltre cinque anni dall’approvazione dell’Health and social care act ma il percorso raccontato in questo libro, come in un libro di Storia non può che essere prezioso per chi altrove sta subendo un analogo trattamento.

Aneurin Bevan (Ministro della sanità e della ricostruzione che nel 1945 realizzò la nazionalizzazione del sistema sanitario inglese con la creazione del NHS), come si ricorda in più punti del libro, affermava che il NHS sarebbe vissuto tanto a lungo quanto le persone che avessero avuto il coraggio di difenderlo.

In Inghilterra l’opposizione per quanto tenace e coraggiosa ha fallito. E in Italia?

Dove sono i medici, gli infermieri, gli operatori del SSN?  

Dove sono i pazienti, i cittadini, i comitati?

Vittorio Fontana ^medico geriatra

Monza, 19 gennaio 2020