Pubblichiamo un intervento di Vito Totire sul decesso avvenuto nella Dozza probabilmente per infezione di coronavirus19. A Lecce una detenuta è stata ricoverata all’Ospedale Fazzi. Le carceri andrebbero attenzionate come le altre comunità da parte delle UU.OO. di Igiene Pubblica delle ASL.

La legge di riforma penitenziaria del 1975 prevede “almeno” due volte all’anno la visita del medico provinciale nelle carceri “allo scopo di accertare lo stato igienico-sanitario e la adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti”.

Il 2 gennaio 2020 abbiamo chiesto alla Ausl copia del secondo rapporto semestrale: NON CI E’ ANCORA ARRIVATO NULLA, ma pare evidente che quella attuale sia la occasione adeguata per agire coerentemente con la legge del 1975 ove essa prescrive che le visite, appunto, sono “almeno“ due e non certo “non più di due”.

Dal 2004 ogni sei mesi abbiamo denunciato la condizione di inagibilità igienico-sanitaria del carcere; abbiamo denunciato sistematicamente anche la inadeguatezza dei piani di prevenzione delle condotte suicidarie e autolesioniste; abbiamo persino denunciato la violazione della legge 3/2003 sulla prevenzione della esposizione a fumo passivo; abbiamo denunciato che il carcere non rispetta le indicazioni minime stabilite dall’ONU in materia di igiene sicurezza e diritti umani.

Appresa la notizia del decesso di una persona di 76 anni già detenuta nel carcere di Bologna, anche al fine di evitare il dispendio di energie e risorse consistente nella tentazione di fare affidamento su “notizie giornalistiche”, nelle more dell’esposto alla Procura della Repubblica in relazione al quale il nostro avvocato di fiducia Gugliemo Giuliano ha ricevuto mandato, chiediamo:

  1.  un intervento ispettivo urgente ai sensi del citato articolo 15 della legge di riforma penitenziaria del 1975;
  2. che questo sia stato già fatto o meno, chiediamo una relazione epidemiologica dettagliata sugli eventi e sulle misure di prevenzione adottate o, viceversa, omesse;
  3. La ricostruzione anamnestica dei “casi” di riscontrata positività: persone ristrette e lavoratori;
  4. la ricostruzione anamnestica dell’evento mortale; su questo evento è intervenuta una funzionaria dell’Ufficio nazionale del garante (intervista a Radio Radicale diffusa il 2 aprile 2020  a poche ora dalla notizia del decesso;  ci pare, a questo riguardo, che la valutazione dell’evento spetti alla sanità pubblica e non a commentatori  probabilmente, non in possesso di tutte le  informazioni necessarie (che poi il Garante nazionale a poche ore dal decesso avesse a disposizione a cartella clinica è, evidentemente , non possibile e nemmeno auspicabile) ; in sostanza vogliamo sapere – e questo sarà uno dei contenuti del nostro esposto alla Procura della Repubblica-  se il virus abbia avuto ruolo di causa  o di concausa più o meno determinante o di mero correlato biologico; ovviamente pari attenzione dovrà essere riservata alla anamnesi clinica della persona deceduta;
  5. visto anche che sono state adottate misure restrittive nei confronti dei familiari …con quello che ne è conseguito (per come il tutto è stato gestito…) ma d questo discuteremo in relazione ai fatti di Bologna e di Modena;
  6. il 19 marzo 2020 abbiamo inviato una prima richiesta alla Ausl di Bologna per la pubblicazione di dati epidemiologici più esaustivi e più leggibili dei “numeri” che ogni giorno vengono pubblicati sul sito della Ausl e che, ci paiono, troppo generici per dare una immagine adeguata della dinamica di diffusione del virus; non abbiamo ricevuto alcuna risposta   nonostante la reiterazione della istanza, per conoscenza, anche alla Prefettura;
  7. eppure la istanza ha valide motivazioni: occorre conoscere la condizione di tutte le comunità chiuse (per esempio la Rems di via Terracini) nonché la precisa dimensione della natura occupazionale o meno dei contagi e della malattia;    
  8. a questo proposito i dati già disponibili vanno approfonditi; se il 23 % dei positivi sono attribuibili ad attività lavorativa nel settore sociosanitario (casi che verosimilmente avranno allargato l’area dei contagi in ambito familiare) occorre focalizzare anche gli altri casi occupazionali negli altri comparti; questo anche al fine di ragionare sulle modalità di diffusione del virus e per ripensare criticamente alla efficacia ed adeguatezza delle misure di prevenzione nei luoghi di lavoro;
  9.  con questo scopo abbiamo inviato una istanza anche all’Inail della provincia di Bologna: quanti casi positivi o casi di malattia o di quarantena sono stati classificati come “Infortuni in occasione di lavoro”? Anche in questo caso non abbiamo ricevuto alcuna risposta.

Continuiamo nel nostro lavoro; facciamo appello ai lavoratori, cittadini democratici, alle persone in condizioni di maggiori ristrettezze e difficoltà a coordinarci per una azione efficace per la prevenzione e la difesa della salute senza delegare alle istituzioni totali o elettive che siano.

Vito Totire, coordinamento “Chico” Mendes-Centro F.Lorusso  via Polese 30 40122 Bologna vitototire@gmail.com

Bologna, 4 aprile 2020