E’ morto un lavoratore.
Un altro.
Aveva lavorato al petrolchimico di Brindisi.
Anche lui.
Si chiamava Vincenzo Di Totaro.

E’ morto di lavoro, con ogni probabilità.

E’ morto di angiosarcoma epatico, una malattia rara del fegato.
Un tumore, nel quale il cloruro di vinile monomero (cvm) lascia le impronte digitali come causa certa di quella neoplasia.
Il cvm era la sostanza base delle lavorazioni del petrolchimico di Brindisi.
Il cvm provoca cancro, non solo l’angiosarcoma che ha ucciso Vincenzo Di Totaro.
Il cvm, forse insieme ad altre sostanze, ha causato, con grande probabilità, la morte di tanti altri lavoratori, di tanti compagni di lavoro di Vincenzo Di Totaro.

Su questo a Brindisi si è tenuto un procedimento penale nevralgico, determinante per scoprire le cause e i responsabili di quelle morti da lavoro.
E’ stato archiviato perché si è ritenuto che, nel caso dei lavoratori morti del petrolchimico di Brindisi, non vi fosse la prova del nesso causale tra l’esposizione a cvm e le varie malattie tumorali che avevano sterminato decine di persone che con questa sostanza avevano lavorato.

E’ stato archiviato perché non c’era nessun caso di angiosarcoma epatico tra i malati e i morti di Brindisi.
Salute Pubblica non è stata d’accordo con quell’impostazione, con quella richiesta di archiviazione e con la conseguente archiviazione.

Abbiamo denunciato lacune ed errori nelle indagini, specie in quelle di natura scientifica, specie in quella epidemiologica tra i lavoratori del petrolchimico.
Abbiamo, comunque, cercato di “usare” quel procedimento penale, il lavoro enorme che vi era stato fatto, i dati che, in ogni caso, erano stati enucleati, in chiave di tutela della salute pubblica, se non anche di perseguimento della verità e della giustizia per decine di morti da lavoro: abbiamo chiesto che gli studi condotti sulle coorti lavorative di Brindisi e Manfredonia fossero riesaminati ed aggiornati per ragioni di salute pubblica secondo il presupposto che i gruppi più esposti a quei cancerogeni lavorativi (CVM, PVC ed arsenico) debbano essere confrontati non già con la popolazione generale ma con gruppi di lavoratori della stessa industria meno esposti o, meglio ancora, non esposti affatto ai cancerogeni su descritti.
Abbiamo raccolto la disponibilità di Arpa Puglia, in tal senso.

Confermiamo quelle critiche a quell’indagine penale; confermiamo questa richiesta a tutte le Autorità di tutela della salute pubblica, dal Direttore Generale della A.S.L. di Brindisi al Presidente della Regione Puglia al prossimo Sindaco di Brindisi.
Quest’ ulteriore evento luttuoso richiama, inoltre, l’urgenza di attivare la sorveglianza dei lavoratori ex esposti ad amianto e ad altri cancerogeni anche attraverso la riapertura almeno degli ambulatori di medicina del lavoro.

Ma, soprattutto, vogliamo ancora sperare che, come accaduto a Venezia, almeno ad un morto da lavoro, almeno a Vincenzo Di Totaro sia data giustizia.
In caso contrario, ora che “c’è l’angiosarcoma”, non ci sarebbero più alibi per nessuno.
Specie per gli uomini e le donne della giustizia.

Fasano – Brindisi, 11\4\2012     Stefano Palmisano  Associazione Salute Pubblica