E richiede una professionalità riconosciuta. C’era una volta la legge 150 del 2000 “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”. Una legge speciale, che ha regolamentato il settore stabilendo con un DPR del 2001 anche i requisiti professionali e l’inquadramento giuridico che deve avere il personale adibito a quelle funzioni: laurea in scienze della comunicazione e, per i laureati in discipline diverse, specializzazione post- laurea; iscrizione all’albo professionale per chi svolge attività giornalistica. Un’opportunità di vedere finalmente riconosciute attività di tipo professionale per chi già le esercita ed è in possesso di quei requisiti, ed anche un’occasione di nuova occupazione per i disoccupati o i freelance.

In Puglia l’applicazione della legge è stata avviata con un documento di indirizzo approvato nel 2008 che definisce l’attività di Informazione e Comunicazione “attività strategica delle Aziende Sanitarie”. L’istituzione di una struttura deputata a quelle funzioni in ogni Asl è stata disposta con Dief del 2010. Di fatto significava regolamentare attività già esistenti, quelle tipiche della comunicazione istituzionale e dell’informazione tramite gli uffici stampa, fino ad allora gestite da ogni ente in modo non omogeneo.

Nel 2018 arrivò il contratto collettivo nazionale di lavoro, che dopo SOLI 18 anni ha recepito una legge-quadro già esistente per tutta la pubblica amministrazione. Il nuovo contratto ha previsto finalmente, con un articolo dedicato, l’istituzione di nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione: per il settore Comunicazione il profilo di specialista della comunicazione istituzionale, per il settore Informazione il profilo di specialista nei rapporti con i media – giornalista pubblico. Qualcosa si muove, quindi. Gli interni, già specializzati, possono chiedere il passaggio ai nuovi profili, e finalmente vengono banditi concorsi anche per giornalisti esterni se un’azienda non ne ha all’interno. In realtà alcune amministrazioni “evolute”, in virtù dell’autonomia decisionale in materia, avevano già provveduto ad istituire le declaratorie dei profili professionali per queste specifiche attività, peraltro già previste dall’Istat dopo l’emanazione della legge 150. Ma questa è un’altra storia.

Nel 2019 arrivò l’Arpal, l’Agenzia Regionale per le Politiche Attive del Lavoro, “l’ente strutturale mediante il quale la Regione Puglia esercita le funzioni di incontro tra domanda e offerta di lavoro e garantisce l’erogazione dei servizi per l’impiego”. Nel 2020 l’Arpal bandisce concorsi per centinaia di posti di lavoro, tra cui anche per le due figure di cui sopra: specialista in comunicazione e specialista nei rapporti con i media. Ma dimentica di fissare i requisiti previsti dalla legge, limitandosi a richiedere una generica laurea.

L’Ordine dei Giornalisti e Assostampa Puglia fanno ricorso e chiedono l’annullamento dei due bandi, richiamando il rischio di “abusivismo professionale”, ma l’Arpal si oppone. Gli ammessi al concorso sono 2155 per i posti di specialista in comunicazione e 1538 per giornalista pubblico. Come creare false illusioni a chi cerca lavoro e non riconoscere titoli ed esperienza, fondamentali anche in questo ambito.

Da Redazione

25 gennaio 2021