Antonio Maniglio su Quotidiano di Puglia del 1° dicembre 2021 ha pubblicato una riflessione che partendo dalle difficoltà concrete di molti cittadini, soprattutto meno abbienti, a trovare risposte alle loro esigenze di cura, mette in guardia dalla propaganda che a partire dalle realizzazioni annunciate con l’arrivo del fondi del PNRR, promette grandi rivoluzioni senza che siano affrontati i nodi strutturali delle carenze della sanità meridionale e pugliese: personale e tecnologie: Maniglio  Formatosi politicamente nel PCI, è stato Consigliere comunale e Vicesindaco di Squinzano; Segretario provinciale dei DS. Eletto per la prima volta al Consiglio regionale nella VII legislatura, è stato componente della IV Commissione Consiliare (Industria, Commercio, Artigianato, Turismo, Agricoltura, Pesca, Acquicoltura). Nella tornata elettorale del 3 e 4 aprile 2005 è stato rieletto al Consiglio della Regione Puglia nel Collegio Provinciale di Lecce.

“Colonscopia? Si presenti il 27 giugno 2023! Provare a prenotare per credere. E se c’è il timore che possa esserci una patologia tumorale o una grave malattia infiammatoria pazienza! ci sono sempre le cliniche private (a pagamento!). E la storia finisce qui, senza tante chiacchere. Oppure ricomincia da quella paziente, over 80, che ha bisogno di fare gli esami del sangue e in assenza di strutture pubbliche deve rivolgersi a un laboratorio privato; anche qui, esaurito il budget mensile, si procede solo a pagamento.

Nessun riguardo per una persona molto anziana (fragile), malata (cronica), che vive con una pensione (da fame). O paga o niente prelievo.

È cronaca quotidiana. Non circola sui social ma vive in tante case dove non si cazzeggia sulla dittatura sanitaria ma si tira faticosamente a campare; e si ascolta ad esempio – nelle farmacie, quando il computer sputa le sue sentenze inappellabili sui tempi d’attesa per una visita o un esame e al paziente non resta, nonostante il rosario di madonne e santi chiamati in aiuto, che attaccarsi al fatalistico aspetta e spera. Altro che sanità di prossimità!

Vecchie storie? Mali antichi? Forse. Ma non è un buon motivo per assuefarsi al peggio. E comunque: in tempi di propagandata rivoluzione nella sanità un dubbio si insinua e scava come una talpa. Che legame c’è tra questi schizzi di vita vera, tra queste schegge di ordinaria pessima sanità e la cascata di soldi (631 milioni di euro) che la tanto vituperata Europa sta rovesciando sulla Puglia? Quotidiano ha pubblicato le proposte delle varie Asl. D’accordo, è un elenco di massima, ci sarà da scremare e da tagliare, ma l’idea è una sola: infilare tutto e di più, senza dare a quei finanziamenti una missione di effettivo cambiamento del sistema sanitario.

E allora è il momento delle domande terra terra: con questo travaso di soldi nel sistema sanitario pugliese il cittadino potrà fare la colonscopia (o la tac o una gastroscopia o una visita) in tempi umani? E la pensionata di 80 anni potrà fare le analisi, magari a domicilio, senza mettere mano al portafoglio? Chi è in grado di rispondere non alla curiosità del solito cacadubbi ma a questa domanda di salute? Con quali macchinari, quale personale, quale organizzazione del lavoro funzioneranno case e ospedali della comunità?

La frantumazione (e conseguente inefficacia) dei finanziamenti è un déjà vu. Ripartire i fondi su circa 100 interventi (e mancano ancora le proposte delle province di Foggia e della Bat), concentrati esclusivamente su immobili ed edifici, significa solo che si sono saccheggiati i cassetti dei vecchi progetti e, tolta la polvere, li si sta per ripresentando come nuovi. Quando poi i micro-finanziamenti si indirizzano su strutture già finanziate dal 2007, e le cui opere sono ancora scandalosamente incomplete, il destino dei nuovi investimenti pare già segnato. Non solo, ma fatto salvo qualche auspicabile colpo di genio dei manager, bisognerà procedere a cento bandi di gara, cento capitolati d’appalto, sostenere mille ricorsi e relativi contenziosi. Quanto tutto questo sia sideralmente lontano dai bisogni di cura dei cittadini e non incida sulla qualità dei servizi erogati è facile toccarlo con mano.
La verità è che esistono almeno due mondi della sanità. Quello reale fatto dei tempi d’attesa per fare esami e visite, delle migrazioni per curarsi al nord, dei pronto soccorso ingolfati, della ricerca di un posto letto e dei ricoveri a decine di chilometri di distanza dal proprio domicilio. È la sanità che si incontra nelle file ai Cup, nelle sale d’attesa degli ospedali e degli ambulatori dei medici di base. Persone semplici, che nonostante il valore e il sacrificio di tanti medici, soprattutto negli ospedali, hanno un atteggiamento di sfiducia (e di rabbia) per tutto ciò che non funziona. Poi c’è l’altra sanità, quella della burocrazia che guarda i numeri e non le persone, che costruisce il sistema sanitario con i mattoncini lego (o con i più moderni rendering), che prospera nelle sue nicchie di privilegio.
Se questa foto dell’esistente è vera ogni euro che si spende dovrebbe servire a ridurre la distanza tra questi due mondi. Solo un sistema che funziona, che accoglie e cura con efficacia i pazienti può creare un legame positivo tra l’apparato sanitario e il bisogno di salute. È paradossale, invece, che in presenza di uno scenario così denso di rischi (l’emergenza Covid che continua, le centinaia di milioni euro da spendere, una sanità da rifondare) la Puglia non abbia l’assessore alla salute. E che il cittadino, che si vede fissare un appuntamento tra 20 mesi per una colonscopia, debba assistere frastornato al teatrino delle polemiche su chi deve occupare l’assessorato più ricco della regione…”