L’Istat il 20 giugno 2023 ha presentato la sesta edizione del Rapporto sui Sustainable Development Goals (SDGs) adottati con l’Agenda 2030 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) e i relativi 169 target bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, estendendo l’Agenda 2030 dal solo pilastro sociale a quello economico e all’ambientale, cui si aggiunge la dimensione istituzionale. Numerosi riferimenti sono rivolti al benessere delle persone e all’equa distribuzione dei benefici dello sviluppo, intra e intergenerazionale.

“Il Goal 16 è dedicato alla difesa dei diritti umani e al rafforzamento di istituzioni solide che possano garantire pace ed estirpare ogni forma di violenza. Il target 16.6 si occupa di sviluppare istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti a tutti i livelli, il target 16.4 di ridurre significativamente, entro il 2030, i flussi di armi nel pianeta. L’ammontare della spesa militare effettuata ogni anno dai Governi è un dato rilevante per entrambi questi obiettivi: la sua trasparenza è infatti da molti anni un obiettivo delle Nazioni Unite. Una relazione annuale del Segretario Generale viene pubblicata sin dal 1981, al fine di monitorare l’andamento della spesa in armamenti.

Un numero relativamente basso di Stati Membri comunica, in quell’occasione, i propri rendiconti in tema militare, ma diverse ONG e Centri di ricerca che operano a livello nazionale e internazionale pubblicano stime aggiornate sull’andamento della spesa militare. In questo approfondimento, viene proposta una analisi comparata dell’andamento della spesa militare negli ultimi anni attraverso la Classificazione della spesa pubblica per funzione (Cofog). La Cofog è uno strumento che permette di ripartire le spese delle Amministrazioni Pubbliche (AP) secondo la finalità o lo scopo per le quali sono effettuate.

Se si traccia un primo quadro comparativo utilizzando le spese per difesa come quota parte del Pil, si nota come il diverso peso economico dei Paesi non sia sufficiente a spiegare la diversa quota delle spese per difesa internazionali. Gli Stati Uniti, in primo luogo, e poi la Federazione Russa e la Francia mostrano una maggiore

incidenza delle spese di difesa rispetto agli altri due Paesi europei, per via del mantenimento degli arsenali nucleari. L’Italia si pone dal 2016 leggermente al di sopra della Germania. Gli anni ’10, coerentemente con un più generale contenimento della spesa pubblica, sono stati anni di complessivo disinvestimento nella spesa militare. Dal 2018, sebbene in misura diversa, si è rilevata una tendenza all’aumento, tanto per gli Stati Uniti e la Federazione Russa, tanto per l’Italia e la Francia.

In Italia, la spesa militare, o per difesa, delle AP è concentrata principalmente in spese per il personale (per circa i tre quarti nella prima parte del decennio considerato (Tavola 16.1). Durante il decennio, tuttavia, l’andamento degli investimenti assorbe una quota parte crescente, arrivando a rappresentare il 46% delle spese per il personale nel 2021. Accostando le informazioni fornite dalla Cofog con il dettaglio degli investimenti delle AP suddivisi per bene d’investimento (Tavola 1), si nota che la parte preponderante della spesa per investimenti è costituita da spesa per armamenti, la cui entità, dal 2015, non scende mai sotto l’80%. Dopo un rallentamento nel 2020, nell’anno successivo la spesa per investimenti in armamenti in valore assoluto raggiunge il massimo, in linea con l’aumento delle spese in armamenti che si è verificato a livello mondiale nel 20213.

La spesa in armamenti ha quindi trainato la crescita delle spese assolute per la voce Difesa, ma l’andamento della quota parte di spesa pubblica in difesa è importante perché, dato un certo tetto di spesa, ogni unità impiegata in una determinata funzione non è utilizzabile per un’altra voce di spesa, e corrisponde, dalla prospettiva dell’intero bilancio pubblico, ad un costo-opportunità. Analizzando l’andamento della spesa per investimenti di più divisioni, si può notare come a partire dal 2016 (anno in cui si è osservata una lieve ripresa della quota parte della spesa generale in difesa sul Pil) gli investimenti in Difesa, non solo siano diventati nettamente preminenti rispetto a quelli della voce Sanità (lo erano già rispetto a quelli della voce Istruzione), ma nell’ultimo anno abbiano ulteriormente aumentato il loro peso nella spesa pubblica.

Salute Pubblica, 19 agosto 2023