Quando non c’è si invoca, quando c’è si ignora.

Per molti anni si è lamentata la mancanza di studi epidemiologici aggiornati nella nostra regione e soprattutto nelle aree a rischio. Studi che descrivessero la diffusione delle malattie nel tempo e nello spazio. Sulle aree a rischio i primi rapporti risalgono alla metà degli anni ’90 e si riferivano a dati del decennio precedente. Dal 2010 in poi la pubblicazione di analisi si è intensificata probabilmente per una maggiore disponibilità di dati informatizzati, per una maggiore attesa da parte delle popolazioni locali e per l’azione della magistratura. Sono nati anche il registro tumori ed il registro delle malformazioni. Importanti studi sono stati condotti su Taranto e Brindisi, aree ad alto rischio di crisi ambientale e sedi di Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche, in parte in ambito giudiziario ed in parte commissionati dalla Regione Puglia o da amministrazioni locali. Recentemente anche l’amministrazione comunale di Manfredonia ha condotto una ricerca epidemiologica partecipata con interessanti risultati sulla popolazione e sui lavoratori dell’Enichem ex Anic. Anche aree prive di concentrazioni industriali rilevanti sono state oggetto di studio. Si pensi alla provincia di Lecce con i suoi eccessi di tumori al polmone ed alla vescica in un quadro generale sostanzialmente favorevole per la salute caratterizzato da una mortalità generale tra le più basse.

La preoccupazione più diffusa nella popolazione riguarda le patologie tumorali per la gravità della loro prognosi e per la complessità delle cure, ma altre patologie, più diffuse e ugualmente in grado di accorciare la vita umana, meriterebbero attenzione. La disponibilità di dati anche liberamente fruibili sulle cause di morte rende oggi più facile farsi un’idea dello stato di salute di una popolazione e gli amministratori locali potrebbero giovarsene nello loro decisioni.

Nonostante la fioritura di studi epidemiologici che hanno evidenziato criticità sanitarie, le istituzioni politiche non hanno assunto decisioni che in qualche modo mitigassero gli eventi sfavorevoli.

Invocazioni inutili ed ingiuste esclusioni.

Oggi si pone un problema diverso ed anche inverso rispetto a quello sollevato in epoche in cui i dati epidemiologici scarseggiavano. Talvolta i cittadini più attivi, di fronte alla prospettazione di un nuovo insediamento economico che presenta rischi per la salute richiedono una indagine epidemiologica che evidenzi o escluda un eccesso di tumori. Una richiesta emotiva e inappropriata, dal momento che qualcosa di pericoloso per la salute lo è già in sé e non sarà la scoperta di una criticità sanitaria a fermarne l’iter, bensì considerazioni di tipo economico, sociale, culturale ed anche di sicurezza. D’altronde, l’assenza di eccessi di tumori non è un buon motivo per diminuire il vantaggio di salute di una popolazione!

In altri casi invece la mancanza di un riscontro epidemiologico induce a ritenere inutile ogni approfondimento di questo tipo. Di recente alcuni ricercatori hanno condotto in alcuni comuni della provincia di Lecce un interessante studio teso ad individuare la presenza di inquinanti nel terreno. La mancanza di relazione di quei dati analitici con l’incidenza e la mortalità per tumori negli stessi comuni, attribuita al fatto che i tumori diagnosticati oggi riconoscono esposizioni, cioè cause, lontane nel tempo, ha indotto quei ricercatori a giudicare inutili gli studi epidemiologici come strumenti di tutela della salute. Una conclusione inappropriata per due ragioni: la prima è che altre patologie con latenza più breve non sono state indagate; la seconda è che rinunciare a seguire nel tempo l’evolversi di tutte le patologie fa perdere la cognizione dell’efficacia di una bonifica.

In entrambi gli esempi riportati appare chiara una marcata attenzione ai tumori. Si è appena detto che le loro cause possono essere lontane nel tempo e spesso non più attive (una emissione inquinante da una attività dismessa). I tumori sono una piccola parte della patologia umana ed è molto meglio partire da uno sguardo di insieme e dalla mortalità generale di una comunità che, confrontata con quelle più prossime, dà una idea dell’evoluzione dello stato di salute e permette, se necessari, approfondimenti. La mortalità ha il pregio della disponibilità (anche nell’anagrafe comunale) e del facile aggiornamento rispetto ad altre fonti di dati sanitari. I sindaci potrebbero analizzarla anno dopo anno con risorse interne, valutando scostamenti negli anni e osservando le diseguaglianze di salute nei diversi quartieri cittadini.

Un forte sostegno teorico e concreto a questo strumento è stato fornito dall’epidemiologo genovese Valerio Gennaro che lo ha denominato Referto Epidemiologico Comunale. Sono disponibili alcuni esempi relativi alle città di Genova, Taranto e Brindisi.

Maurizio Portaluri

13 dicembre 2018