Dopo 14 mesi di rinvii e di polemiche il Consiglio Regionale di Puglia ha approvato, stravolgendola, la legge Amati sulle liste di attesa in una versione che la priva della sua principale e innovativa caratteristica: la previsione della sospensione della attività libero-professionale dei medici, nota come “intramoenia”, quando i tempi di attesa per le prestazioni rese dal servizio pubblico avessero superato di 5 giorni quelli occorrenti per ottenere una visita privata. Una prescrizione già attuata con efficacia nella Regione Emilia Romagna e contenuta nel Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa, varato dal Ministero e dalle Regioni (quindi anche la Puglia) nel febbraio scorso ma incredibilmente non riportata nella legge appena approvata. La maggioranza del Consiglio Regionale si è divisa mentre si votava un testo ormai stravolto da due emendamenti “bipartisan” presentati dai consiglieri Paolo Pellegrino e Ignazio Zullo.

Qualificate voci della dirigenza regionale nei mesi scorsi hanno detto – secondo non smentiti riferimenti di diversi organi di informazione – che “non bisogna scontentare i medici” come se l’intramoenia fosse un diritto di tali professionisti e non un istituto, ancorché discutibile, ma comunque previsto per consentire al paziente la scelta del medico (non si capisce perché scegliere il medico pubblico dopo aver pagato tasse ed erario debba essere un tabù). Condivisibile appare perciò il commento del consigliere Amati che così si è espresso: «Cose mai viste, rinviare e tergiversare per più di un anno per poi dire che i voti di alcuni medici valgono più delle persone in fila al Cup. E la cosa più grave è che si è approfittato della nostra proposta di legge per introdurre un aumento di budget in favore dei privati, come se fossimo procacciatori d’affari per l’attività privata. Che peccato! Ma noi non ci fermeremo nel denunciare lo scempio dell’attesa in sanità. Una legge che alla fine non tiene conto della legge statale, del Piano nazionale e del contratto dei medici. Una legge trasformata in un mostro giuridico».

Significativa è apparsa anche la dichiarazione del medico Giuseppe Serravezza, oncologo a Gallipoli-Casarano e storico fondatore della Lega Tumori di Lecce così formulata: “Approvare la legge com’era sarebbe stato un segnale, tutti i pazienti devono essere uguali davanti alla malattia. La cosa più grave è che tutto questo avviene nell’ambito della sanità pubblica. Eppure, il cittadino già paga il servizio e paga anche i nostri stipendi di medici. Per visitarlo si deve chiedere di farsi pagare ancora? Per me, c’è sicuramente qualcosa che non va”.

Si è verificato insomma ciò che si temeva: le attività libero professionali dei medici e le prestazioni pubbliche continueranno a viaggiare su binari separati e, soprattutto, a velocità differenti con buona pace dei cittadini meno provveduti o meno abbienti. Gli strumenti di controllo introdotti dalla legge, il Responsabile Unico Aziendale delle Liste di attesa e la minacciata decadenza dei direttori generali inadempienti, incontreranno enormi difficoltà col rischio che non si riesca a modificare sostanzialmente la situazione di attuale squilibrio a favore della sanità a pagamento dal momento che le norme in vigore fino a ieri non sono mai state applicate e continuano ad esserci strutture pubbliche dove non solo le due attività – pubblica e intramoenia – sono sbilanciate nei tempi di attesa, ma dove persino non si effettuano affatto visite con la ricetta del medico curante.

Poiché la legge regionale appena approvata non attua le 26 prescrizioni dell’Intesa Stato-Regioni del febbraio scorso (che invece prevede al punto 16 proprio la sospensione dell’intramoenia “in caso di superamento del rapporto tra attività in libera professione e in istituzionale sulle prestazioni erogate e/o e di sforamento dei tempi di attesa massimi), è probabile che il Governo interverrà in un prossimo futuro con i poteri sostitutivi.

La Redazione

25 marzo 2019