Cordoglio alla famiglia di Carlo Di Sarno di 47 anni, abitante a Torre Santa Susanna, un paese in provincia di Brindisi ma a metà strada tra il capoluogo adriatico e Taranto nella cui acciaieria (ex ILVA oggi ArcelorMittal Italia) aveva appena terminato il turno notturno alle 03.00. Un schianto contro un albero di ulivo. Erano le 04.00 del mattino sulla strada che unisce Oria e Torre. Carlo aveva appena inviato alla moglie un messaggio con cui la avvisava che era sulla via del ritorno. Non rivedrà più né la moglie né i tre figli.

«ArcelorMittal Italia ha appreso con profonda tristezza la notizia della scomparsa di Carlo Di Sarno, operaio dipendente di una ditta dell’indotto coinvolto in un incidente stradale avvenuto nella mattinata di oggi. In questa tristissima circostanza, ArcelorMittal Italia esprime il più profondo cordoglio alla famiglia della vittima»

L’assessore regionale tarantino Cosimo Borraccino sulla sua pagina FB scrive, però, che la morte è avvenuta “dopo aver concluso un turno di lavoro massacrante, di 12 ore, perché comprendente diverse ore di straordinario, mentre si mantengono in esubero 1700 loro colleghi.

Il 23 novembre scorso a Roma si è svolto un convegno organizzato da Or.s.a. (Organizzazione Sindacati Autonomi e di Base) sul tema “Lavoro e Salute dei Turnisti”, con la partecipazione, tra gli altri, di Raffaele Guariniello e Vito Totire. Totire, informato di quanto accaduto a Carlo Di Sarno, ci ha scritto: “Il 23 novembre a Roma abbiamo fatto un convegno sui danni alla salute causati dai ritmi di lavoro non fisiologici; evidentemente c’è ancora molto da fare per la prevenzione; il commento (di qualche blog, ndr) che parla di “cause da accertare” non è condivisibile; cosa si deve ulteriormente accertare? E’ la stessa storia dell’incidente sulla tangenziale di Bologna nell’agosto del 2018 e della strage delle studentesse italiane in Spagna nel 2016; alle 4 del mattino è fisiologico dormire non guidare una automobile; il lavoro notturno è ormai peraltro classificato 2A (probabile cancerogeno, ndr) dalla IARC (Agenzie Internazionale Ricerca sul Cancro) e se strettamente indispensabile/inevitabile va compensato con riposi e misure logistiche di sicurezza; bisogna discutere delle concrete misure di prevenzione da adottare; il “sistema” non se la può cavare con la miseria del riconoscimento dell’infortunio in itinere; occorre valutare pure responsabilità penali a partire anche dalla lettura critica del documento di valutazione del rischio; appunto: il rischio è stato valutato? Sono state discusse azioni di miglioramento?  Condoglianze ai familiari e ai compagni di lavoro ma piangere non basta.”

Maurizio Portaluri

 Brindisi,10 gennaio 2019