A seguito di un tragico e simile evento avevamo posto il problema dell’arma di ordinanza portata a casa; lo avevamo posto anche con una lettera al Fatto Quotidiano che fu commentata e condivisa dal redattore; come succede spesso nessuno nelle istituzioni ha messo in moto tentativi efficaci per risolvere il problema. tutti sappiamo che la disponibilità dell’arma non costituisce la causa “unica” di queste tragedie; ma la esperienza dimostra che LA DISPONIBILITA’ FACILITA LA STRAGE, QUANTO MENO NELLA SUA DIMENSIONE. Il che è ovviamente solo la punta dell’iceberg; ma è un iceberg tragicamente scoperto da tanti decenni; A Ortanova si è consumato quello che i manuali della psichiatria pre-basagliana definivano “suicidio allargato“ o, peggio, “suicidio altruista”; e ci sono troppi elementi che si ripetono in questo ennesimo, tragico scenario: una attività lavorativa usurante, spesso fonte di distress e di depressione reattiva; una disattenzione cronica ai problemi e alle necessità della prevenzione; al governo in carica –che nel suo programma di insediamento non aveva neppure citato la parola “carcere” –  è stata una parlamentare della opposizione a ricordare il tema , facendo anche esplicitamente riferimento a uno dei problemi più gravi (non certo l’unico) della carceri: quello delle condizioni disastrose dei lavoratori  penitenziari; la parlamentare ha una storia personale di sindacalismo e anche questo spiega certo la “attenzione” in un paese in cui ormai il “testa/coda” destra-sinistra è sempre più all’ordine del giorno.

Ma il nocciolo della questione, i “decisori politici” non lo vogliono affrontare; è il nocciolo è (senza voler insinuare effetti miracolistici) affidare la vigilanza sulle condizioni di lavoro e di salute psicofisica dei lavoratori ad un organo terzo e indipendente (le Ausl) sottraendolo e quindi eliminando il VISAG che, a prescindere dalle buone intenzioni dei singoli operatori, non ha la autonomia per intervenire con una dinamica di disposizioni vincolanti e di sanzioni.

Le persone in difficoltà devono poter palesare la loro condizione di sofferenza ad un ente di vigilanza, devono essere nelle condizioni di poter chiedere aiuto senza temere contraccolpi negativi sul piano salariale e occupazionale; non è sufficiente istituire il solito “telefono amico” (anche qui, sempre buone intenzioni,  ma spesso inefficacia!); e se ormai (quasi) chiunque comprende che il pianeta carcere è un sistema di vasi comunicanti, è fin troppo chiaro che una condizione di malessere lavorativo si ripercuote su tutto il sistema e quindi anche sulle parsone detenute, in termini di burn out, assenza di empatia e, al limite, di aggressività.

Occorre finalmente un piano strategico nazionale di prevenzione e di sostegno ad una attività lavorativa pesante e pericolosa per la salute psicofisica, ad una attività lavorativa che viene più spesso abbracciata da persone con scarse possibilità socio-economiche, segnando, questa dinamica, un ennesimo mattone della disuguaglianza sociale nel nostro paese anche tra nord e sud. Non è un caso che la tragedia si sia consumata a Foggia, provincia di origine dell’avvocato del popolo, presidente di un governo “freddo” (per usare un eufemismo) sulla cronica arretratezza delle politiche di alternativa alla pena detentiva; anzi ogni occasione è buona per fare propaganda: CARCERE PER GLI EVASORI FISCALI! A parte il significato giustizialista: in quale carcere, in quali celle, stante gli attuali indici di sovraffollamento; queste “sparate” si ripercuotono su uomini come Ciro Corcelli, sulle ultime (o penultime, non fa differenza) ruote del carro; saranno loro a dover gestire le “sparate” propagandistiche del palazzo. Il sindaco ha indetto il lutto cittadino a Ortanova; un gesto di sensibilità, per quando doveroso; ma il lutto è di tutti e le lacrime, anche quelle sincere, non bastano.

Vito Totire

psichiatra, portavoce delle associazioni “Chico” Mendes e Centro F. Lorusso

15 ottobre 2019