Di Gino Stasi

Nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni è stata ufficializzata l’individuazione della Puglia e della Lombardia come Regioni apripista dello sviluppo delle piattaforme verticali nazionali di Telemedicina. La nomina è stata valorizzata dal punto di vista politica dal presidente Emiliano che ha anche ricordato come essa venga dopo il riconoscimento della Puglia nel gruppo di lavoro tecnico per il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 insieme a Emilia-Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Una regione all’avanguardia sembrerebbe da queste notizie.

Con il PNRR arriveranno in Puglia 650 milioni che saranno spesi, a detta dell’assessore Palese, in due direzioni: la prima: rafforzare la medicina personalizzata e predittiva con strutture ospedaliere ad hoc e rafforzare il sistema di emergenza e urgenza con posti letto di osservazione breve intensiva nei Pronto soccorso degli ospedali di grande e media dimensione, che dovranno essere ampliati inglobando nuovi spazi. La seconda “da un nuovo modello di organizzazione della medicina territoriale”.In concreto con i 650 milioni di fondi PNRR a disposizione attraverso la Misura 6 i nuovi ospedali di comunità da costruire saranno 36,  121 le Case di Comunità e 40 Centrali operative territoriali (Cot).

La proposta che la regione farà al Ministero prevede la ripartizione dei 650 milioni in 262 milioni per realizzare nelle varie Asl case di comunità e centrali operative territoriali; oltre 372 milioni per garantire la digitalizzazione dei Dea nei medi e grandi ospedali, l’adeguamento antisismico delle strutture e l’acquisto di grandi apparecchiature di diagnostica – 94 i milioni stanziati nell’ambito del pacchetto da 372 – così da sostituire quelle obsolete, cioè più vecchie di cinque anni.

Gli ospedali di comunità per i pazienti cronici avranno da 20 a 40 posti letto. Nelle case di comunità si svolgeranno h12, questo è l’auspicio, prestazioni specialistiche multidisciplinari Le centrali operative territoriali saranno in tutto 40 e funzioneranno come il 118 per le urgenze: ogni utente che chiamerà sarà indirizzato allo specialista disponibile nel più vicino ospedale.

Nè Case di Comunità (esistono già i Presidi Territoriali di Assistenza, per lo più ex piccoli ospedali trasformati) né ospedali di comunità sono una novità in Puglia. Gli ospedali di comunità sono chiamati a fornire un’assistenza di base gestita dai medici di famiglia – soprattutto agli anziani appena dimessi dall’ospedale o non ricoverabili per inappropriatezza, a somministrare farmaci e fornire un supporto riabilitativo.  In Puglia, secondo i dati riportati da un’indagine della Bocconi, ci sono 11 ospedali di comunità. Quale bilancio si può fare? Quanti sono effettivamente operativi? Che ricadute hanno avuto sulla qualità dell’assistenza?

La missione delle case di comunità (Cdc), che in Puglia sono stati chiamati presidi territoriali di assistenza (Pta), è quella di erogare prestazioni diagnostiche, esami di laboratorio, visite specialiste. Esistono già e sono ben 33, almeno sulla carta. “Il loro funzionamento è a corrente alternata, con orari e servizi ridotti – scrive Antonio Maniglio, già assessore DS del governo Vendola -. E la prova della loro scarsa efficienza sta proprio nel continuo dilatarsi delle liste d’attesa. Anche per le Cdc/Pta il giudizio non è positivo. Ma sono le indicazioni del piano Italia domani, si dirà. Ed è vero. Ma quello che nel linguaggio tecnocratico appare perfetto va sempre verificato nell’esperienza concreta. Ecco perché si rischia di allestire delle scatole vuote. Ci si limita a intervenire sugli edifici per metterli in sicurezza, ristrutturarli, attrezzarli senza sapere come attivarli perché ad esempio – manca il personale”. La Puglia non è mai riuscita a comprimere, la migrazione sanitaria verso le strutture del centro nord: 60 mila cittadini all’anno per una perdita di circa 250 milioni. Inoltre dal 2011 la Puglia è in Piano di rientro, un istituto messo in piedi da Ministero delle Finanze sin dal governo Monti per cui le regioni con i conti in rosso vengono private di una quota di assegnazioni finché non pareggiano il bilancio. Si dà cioè di meno a chi ha già di meno e gli si chiede di tagliare per ottenere quanto gli spetta! In contesti arretrati come le regioni del sud questo ha solo potuto ampliare i divari. I tagli condotti dal 2011 all’inizio della pandemia Covid19, sono stati a carico soprattutto del personale e degli ammodernamenti tecnologici. Ma ci sono ancora altri capitoli di spesa da contenere, secondo il governo, come quelli per l’acquisto dei farmaci da parte della Asl e degli ospedali pugliesi: nei primi dieci mesi del 2021 in Puglia sono stati spesi oltre 679 milioni per l’acquisto diretto dei farmaci. A conti fatti 174 milioni in più rispetto al tetto di 505 milioni fissato dal ministero della Salute. Trend che rischia di consolidarsi anche nel 2022. L’obiettivo è puntare a un risparmio annuo pari a circa 60 milioni di euro per il 2022 che si otterranno, secondo la regione, prevedendo sanzioni a carico dei direttori generali e dei medici in caso di sforamento.

Molti dei progressi compiuti sul piano tecnologico (fino al 2000 in Puglia c’erano solo due acceleratori lineari pubblici per radioterapia a fronte di 20 previsti dagli standard e nessuna PET-TAC) sono stati possibili grazie a fondi europei, quelli che si è riusciti a utilizzare stante la debolezza dell’apparato tecnico-amministrativo, debolezza con cui dovrà fare i conti anche il PNRR. La pandemia, poi, sebbene abbia visto in Puglia numeri contenuti rispetto al Centro-Nord, ha messo in crisi la sua debole struttura ospedaliera, falcidiata in questi anni di posti letto, lasciati immutati o persino incrementati nel privato sotto la spinta del ricatto occupazionale lì praticato. La carenza di posti di rianimazione è stata fronteggiata con la costruzione di prefabbricati nei vari ospedali o nella predisposizione di spazi nella Fiera del Levante a Bari.

La Puglia sta andando incontro ad un declino demografico che nel 2050 prevede 2,5 milioni di residenti rispetto agli attuali 4, e nel contempo ad un invecchiamento della popolazione. A fronte di una produzione di reddito minore si assisterà ad un aumento del bisogno sanitario e forse ad un incremento delle assegnazioni finanziarie per la sanità, centrate, come si sa, sull’età della popolazione.

A parte le ricadute lavorative per le opere edilizie connesse al PNRR, l’utilità delle nuove strutture territoriali sarà fortemente legata al contratto di lavoro della medicina territoriale. Gli ospedali di comunità saranno gestiti dai MMG che lo vorranno (l’adesione è volontaria) e le case di comunità saranno affidate agli specialisti ambulatoriali il cui contratto non prevede l’esclusività. Mentre dagli ospedali, dove il personale, soprattutto medico, è carente per la improvvida programmazione nazionale, i medici che possono farlo, tendono ad abbandonare il servizio sanitario pubblico.

25 marzo 2022