7 gennaio 2013: in quella data si saprà, probabilmente, se Medicina Democratica e Salute Pubblica saranno parti civili in uno dei processi penali più importanti celebrati a Brindisi in materia di ambiente violato, dunque di salute pubblica aggredita, quello ai dirigenti Enel della centrale termoelettrica di Cerano, di cui ieri, 12\12\12, si è tenuta la prima udienza innanzi al Tribunale di Brindisi in composizione monocratica, giudice F. Cacucci.

Importante almeno sotto il profilo simbolico, giacché i capi d’imputazione sono assai “esigui” rispetto a quello che, con estrema probabilità, è stato ed è il reale impatto di quell’insediamento industriale sull’ambiente circostante e sulla salute delle persone che vivono da quelle parti: getto pericoloso di cose e danneggiamento aggravato, nella specifica forma di “insudiciamenti ed imbrattamenti reiterati nel tempo ai terreni ed alle colture ivi presenti”.

Forse, le conseguenze dannose, sull’aria, sul suolo e sul sottosuolo nonché sulle persone, dell’attività di quell’impianto vanno un po’ oltre gli “insudiciamenti ed imbrattamenti”.

In ogni caso, è un primo, fondamentale, passo nell’accertamento della verità dei costi ambientali e sociali della “centrale energetica Brindisi”, uno dei tanti scellerati esempi del modello di sviluppo che è stato imposto, con varie forme di pressione, a questa città nei decenni scorsi, e che qualcuno vorrebbe rinverdire con altri simili insediamenti energetici non proprio a basso impatto, né ambientale né democratico.

Per questo, Medicina Democratica e Salute Pubblica, rispettivamente difesi dagli avvocati Stefano Palmisano ed Andrea Casamassima, hanno chiesto di entrare in questo processo come parti civili; e per l’impegno profuso in questi anni nello studio, nella documentazione e nella divulgazione degli effetti degli attentati all’ambiente sulla salute degli uomini e delle donne di questa terra, queste due associazioni hanno tutte le carte in regola per farlo.

A partire da quelli che si sono propagati da Cerano.

Il principale punto nevralgico di questa storia è, però, un altro: ancora una volta quel passo verso la verità, se non anche verso la prevenzione primaria, lo si muoverà in un’aula di giustizia e non di un’istituzione rappresentativa o, comunque, politico – amministrativa.

E questo non è precisamente un titolo d’onore per le istituzioni “rappresentative” (di chi e\o di che cosa?) e per “la politica” di questo territorio.

Per questo, l’impegno di Medicina Democratica e di Salute Pubblica a Brindisi, in questa direzione “ostinata e contraria”, non si fermerà.

A prescindere da quel che accadrà il 7 gennaio in aula d’udienza.

Brindisi, 13\12\2012