Nell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Puglia si è parlato delle morti da lavoro. A Bari il Presidente della Corte d’Appello ha ricordato che la Puglia è prima nel Sud Italia per morti sul lavoro: nel periodo preso in esame (luglio 2014/giugno 2015) le vittime sono state 33 rispetto ai 27 dell’anno precedente. Il Procuratore generale ha poi rimarcato che “L’incremento costituisce un segnale preoccupante di una perdurante inadeguatezza delle misure preventive di sicurezza, con conseguente esposizione a rischio dell’incolumità dei lavoratori.”

A Lecce il Procuratore generale si è idealmente rivolto ad un lavoratore morto all’ILVA di Taranto: Scusa, Alessandro, a nome delle istituzioni e della stessa comunità del lavoro, se non siamo riusciti a imporre prima del tuo sacrificio l’osservanza delle norme sulla sicurezza che avrebbero potuto salvarti la vita”. Si trattava di Alessandro Morricella, il 35enne operaio dell’Ilva di Taranto, morto dopo quattro giorni di agonia, per essere stato investito da una violenta fiammata mista a ghisa liquida mentre controllava l’altoforno.

Si tratta di un bilancio molto parziale e soprattutto in difetto: mancano all’appello tutti quei lavoratori che si spengono, anche decenni dopo la fine del loro lavoro, per malattie imputabili alle esposizioni lavorative e che non sempre trovano un ristoro assicurativo e raramente giustizia nonostante i referti e le denunce.

Qualche mese fa la Regione Puglia ha reso noto uno studio sull’efficienza dei servizi sanitari svolto dall’Istituto Sant’Anna di Pisa. Alla voce prevenzione nella nostra regione le attività di controllo sui luoghi di lavoro, soprattutto in edilizia, sono ai livelli più bassi d’Italia, mentre il carico di lavoro per unità lavorativa è altissimo. Indici questi di una scarsità di personale nelle ASL dedicato alla prevenzione nei luoghi di lavoro. Una situazione più volte denunciata ma mai rimediata. Si pensi che a Brindisi e Taranto, le maggiori aree industriali della Regione, sono in attività rispettivamente solo due medici. E questo da molti anni ad indicare una colpevole disattenzione dei decisori politici regionali. Paradossalmente lo studio del prestigioso istituto pisano si conclude con il consiglio di potenziare le campagne vaccinali!