Di Vito Totire

Occorre urgentemente un piano nazionale di prevenzione focalizzato agricoltura ed edilizia.

Questa volta le più alte ceriche dello Stato non hanno ripetuto la rituale e inutile frase “mai più”; l’assuefazione ormai è massima; solo dichiarazioni di principio, niente fatti; occorre con urgenza elaborare una strategia che abbia al suo interno una componente socio-politica: la modifica, a favore delle potenziali vittime, dei rapporti di potere; dunque niente precarietà/ricattabilità ma diritti certi per tutti : anche per il povero carpentiere Ivan che si è “suicidato” a Torino; Guariniello cita (La giustizia non è un sogno) un caso di “suicidio” legato alla precarietà lavorativa; tutti i decisori politici dovrebbero leggere quel libro; poi gli altri “rimedi” da adottare sono chiari: a) le valutazioni del rischio non devono essere un pacco di fotocopie; devono essere precedute da sopralluoghi e riscontri materiali; come è possibile non prevedere il rischio di scoppio quando si lavora attorno ad un serbatoio di certe sostanze chimiche? E’ passata invano anche la strage di Ravenna del 13 marzo 1987? Bisogna valutare accuratamente i documenti e sanzionare con rigore quelli lacunosi; b) la vigilanza deve essere rafforzata; due (entrambi a Bologna) sui quattro morti degli ultimi giorni lavoravano di notte; era necessario? Se si, chi poteva andare a controllare che la corrente fosse staccata o che la sicurezza sulla tangenziale fosse sufficiente, se la vigilanza pubblica (dove esiste) si mobilita solo ad infortunio già consumato? Cioè arriva “dopo il morto”?

La prevenzione non si fa con le dichiarazioni auto-propagandistiche: in Toscana per affrontare la situazione di rischio nel comparto produttivo tessile sono stati assunti settanta ispettori; ipotesi analoga abbiamo proposto alla regione Puglia (per il lavoro agricolo e il comparto fuochi artificiali): nessuna risposta. La questione sarebbe semplice: potere effettivo di autodifesa dei lavoratori associato ad una concreta attività ispettiva pubblica. I 1115 morti del 2017 (fonte Anmil), dato peraltro sottostimato, calerebbero drasticamente. Occorre però un ceto politico “diverso”.

Senza, dobbiamo comunque fare il possibile.

In poche ore in provincia di Bologna sono morte due persone sul lavoro; a differenza degli altri due (sulla tangenziale a S. Lazzaro di Savena e sui binari ferroviari) di pochi giorni fa, questi due non compariranno nelle statistiche Inail e quindi ufficialmente non risulteranno morti sul lavoro; una persona aveva 82 anni (Castel Maggiore), l’altra ne aveva 69 (Castel d’Aiano).

I sindaci dei rispettivi comuni – ammesso che non siano troppo distratti – esprimeranno il solito cordoglio?

Se nei posti di lavoro “normali” le norme di prevenzione vengono aggirate spesso nonostante la vigilanza (comunque scarsa sia come qualità che come quantità), la esistenza del documento di valutazione dei rischi, la presenza dei rappresentanti del lavoratori, la sopravvivenza di un minimo (ma sempre più bassa) capacità contrattuale dei lavoratori, nel caso dei lavori pseudo-domestici un esercito di pensionati ogni giorno va allo sbaraglio con mezzi di lavoro micidiali, formazione inadeguata e zero vigilanza pubblica; che siano dei lavoratori è ovvio: non vanno a giocare a carte al centro anziani, cavalcano trattori  ed  escavatori , utilizzano motoseghe e martelli pneumatici per lavori faticosi e rischiosi al fine di acquisire un reddito minimo che consenta di bilanciare pensioni di fame.

Non meritano attenzione da parte di nessuno: enti pubblici e organi di vigilanza; da decenni nelle campagne mezzi insicuri e pericolosi mietono vittime provocando rituali parole di cordoglio; troppo facile ipotizzare sempre il malore e l’età avanzata come cause uniche di morte. Occorre un piano nazionale gestito dalle Asl finalizzato alla prevenzione e alla assistenza per revisionare e mettere in sicurezza i mezzi sostenendo anche economicamente, almeno per i meno abbienti, i costi; certo è più facile controllare nelle strade le cinture di sicurezza, qui bisogna andare nei casolari, fare informazione, aprire sportelli gestiti da Comune a Asl per mettere in moto dinamiche di prevenzione.

Nei prossimi giorni al Ministero del Lavoro si parlerà anche di questo o, anche per il fatto che i “morituri “ non sono iscritti a sindacati e non sono censiti dall’Inail, il problema lo si continuerà a rimuovere assistendo con cinismo e indifferenza a questa strage di “nonni” che non sono quei pensionati sorridenti che ci propinano certe pubblicità?

Bologna, 9 aprile 2018

Vito Totire, medico del lavoro