LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA A FAVORE DI UNA NUOVA POSSIBILITA’ DI CURA PER I MALATI DI SCLEROSI MULTIPLA.

La sclerosi multipla, o sclerosi a placche, è una grave malattia del sistema nervoso centrale, cronica e spesso progressivamente invalidante.

Può presentarsi durante quasi tutto l’arco della vita, tra i 15 e i 50 anni, anche se questa malattia si manifesta soprattutto tra i giovani adulti, tra i 20 e i 30 anni, e tra le donne, in un rapporto di due a uno rispetto agli uomini.
Solo in Italia, 58.000 persone, in gran parte giovani adulti, sono affette da SM; ogni anno si verificano 1.800 nuovi casi. Oggi è possibile formulare una rapida diagnosi della malattia, ma la strada per trovare una cura risolutiva è ancora lunga.

La Storia della CCSVI

Un decennio fa il dott. Paolo Zamboni, chirurgo vascolare e professore presso l’Università degli Studi di Ferrara nel nord Italia, avvia un’intensa personale ricerca sulla sclerosi multipla, quando alla moglie Elena è stata diagnosticata la malattia.

Nota che alcuni scienziati, già in passato, studiando il cervello di pazienti affetti da sclerosi multipla, si erano accorti della presenza di più alti livelli di ferro non riconducibili all’età degli stessi. Tali depositi di ferro seguono lo stesso modello, formando nel cervello dei raggruppamenti intorno alle vene che, in condizioni normali, dovrebbero drenare il sangue dalla testa verso il cuore. Nessuno aveva mai pienamente spiegato questo fenomeno, ovvero l’eccesso di ferro era stato considerato un sottoprodotto tossico della sclerosi multipla stessa.

Il dott. Zamboni si è chiesto se il ferro contenuto nel sangue si raccogliesse in modo improprio nel cervello. Così, utilizzando Doppler ad ultrasuoni, ha iniziato l’esame del collo di pazienti con sclerosi multipla, giungendo di fatto ad una scoperta straordinaria: quasi il 100 per cento dei pazienti presenta un restringimento, torsione o blocco definitivo di quelle vene che dovrebbero servire a drenare il sangue dal cervello. Egli ha poi controllato queste stesse vene in persone sane, non trovando in esse nessuna di queste malformazioni. Né ha individuato queste tipologie di blocchi nei pazienti affetti da altre malattie neurologiche.

Ciò che è stato altrettanto sorprendente non è tanto il fatto che il sangue non defluisca al di fuori del cervello, quanto il fatto che si crea un reflusso, una sorta di retromarcia che lo porta a refluire verso l’alto”, così afferma il dott. Zamboni, il quale ritiene pertanto che il sangue, costringendosi nella materia grigia del cervello, provoca l’innesco di una serie di reazioni, le quali dovrebbero appunto spiegare i sintomi della sclerosi multipla.

Per me è stato davvero incredibile scoprire che i depositi di ferro nella sclerosi multipla si trovano esattamente in prossimità delle vene. Quindi si tratta di una disfunzione del drenaggio delle vene stesse“. “Tutto ciò è veramente importante, perché il ferro è pericoloso perché produce radicali liberi, veri killer per le cellule. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di eliminare l’accumulo di ferro.

Il dott. Zamboni ha denominato tale disordine da lui scoperto CCSVI, ovvero Insufficienza Venosa Cronica Cerebro-Spinale, punto di partenza per tutta una serie di pubblicazioni delle sue ricerche che sono state riportate su tutte le più celebri riviste scientifiche.

Riguardo a quali possano essere le cause che formano queste anomalie venose, Zamboni e la IUP, la più vasta organizzazione scientifica che si occupa di patologia venosa, ritengono che siano malformazioni venose congenite di tipo trunculare, ovvero fra quelle che si sviluppano fra il 3° ed il 5° mese di vita intrauterina.

Inizialmente, la maggior parte dei neurologi avvicinati da Zamboni con i suoi risultati, lo congedarono. Ma uno specialista, il dott. Fabrizio Salvi, dell’Ospedale Bellaria di Bologna, affascinato dalla scoperta, ha provveduto ad inviare a Zamboni pazienti con sclerosi multipla per dimostrare scientificamente l’esistenza della CCSVI e  verificare la correttezza di quello che si stava ipotizzando. Per Salvi il risultato delle immagini dimostra l’esistenza della “stenosi”, ovvero di tali blocchi o restringimenti, in maniera inconfutabile.

Così il dott. Zamboni è giunto ad un’idea ancora più importante. Se le vene importanti in pazienti affetti da sclerosi multipla sono bloccate, forse sarebbe possibile aprirle per ripristinare così il normale flusso di sangue.

L’intervento di angioplastica dilatativa (PTA) – Il trattamento di Liberazione

Sotto controllo angiografico standard, i radiologi interventisti fanno uso di “palloncini” per aprire il blocco delle vene; Zamboni chiese il prezioso aiuto del chirurgo vascolare dott. Roberto Galeotti, anch’egli dell’Università di Ferrara (Ospedale S. Anna). Fu così che nel 2007, il team iniziava uno studio in cui sono stati trattati 65 pazienti con sclerosi multipla, per vedere se la chirurgia endovascolare sarebbe stata in grado di ripristinare il flusso e ridurre i sintomi della sclerosi multipla.

Lo studio dettagliato con i risultati è stato pubblicato nel Journal of Vascular Surgery il 24 novembre 2009, ma i risultati preliminari, pubblicati nelle più importanti riviste scientifiche, già evidenziavano come nei pazienti si è avuta una diminuzione del numero di nuove ricadute, una forte riduzione del numero di nuove lesioni cerebrali da sclerosi multipla, e un miglioramento della qualità della vita. Si è visto inoltre che i sintomi della sclerosi multipla ritornano nei pazienti in cui si è ripresentato il restringimento.

Poiché l’intervento chirurgico libera il flusso di sangue, l’equipe ha deciso di denominare la procedura “trattamento di liberazione”.

Zamboni ha anche studiato la CCSVI con un team di scienziati della prestigiosa Università di Buffalo dello stato di New York, il cui ateneo vanta ben 3 premi Nobel, il tutto in collaborazione con il Dr. Robert Zivadinov.Tale studio ha preso in esame 16 pazienti con sclerosi multipla, di cui otto provenienti dagli Stati Uniti e otto dall’Italia. A tutti i malati sono stati trovati i tipici blocchi delle vene della CCSVI, così come descritto da Zamboni, e alla fine tutti hanno subito il trattamento di Liberazione.

Il dott. Zamboni sottolinea che il trattamento non rende le persone in sedia a rotelle in grado di camminare di nuovo, piuttosto è in grado di bloccare lo sviluppo di ulteriori attacchi di sclerosi multipla, migliora la circolazione e riduce la stanchezza debilitante, che è una caratteristica tipica della sclerosi multipla.

La CCSVI è stata individuata la prima volta attraverso un esame con Eco-Color-Doppler transcranico ed extracranico. I risultati del team del professor Paolo Zamboni confermano come l’Ecocolordoppler sia uno strumento di diagnosi potente, non invasivo e sempre riproducibile. È altamente specifico nello scoprire il tipo di distribuzione delle stenosi delle vene extracraniche e di quelle extravertebrali, con una sensibilità trascurabile.

Riguardo la CCSVI il Consiglio Superiore di Sanità con una risoluzione del 25 Febbraio 2011 ed una circolare Ministeriale del 4 Marzo 2011 – che la Regione Puglia ha girato senza commento alle ASL – stabilisce che la procedura di dilatazione venosa sia sottoposta al vincolo della sperimentazione clinica.

La risoluzione del CSS, disponendo che diagnosi e trattamento della CCSVI siano effettuati solo ed esclusivamente nell’ambito di studi clinici randomizzati e controllati, ha di fatto bloccato nella sanità pubblica ogni attività diagnostica e terapeutica non partecipante a studi strutturati, ma non nell’ambito privato. La metodologia sperimentale degli studi clinici randomizzati e controllati è assolutamente corretta, e andrebbe bene se il governo clinico del problema fosse quello con cui ci si confronta di solito. Esiste l’ipotesi di una nuova opzione terapeutica per la malattia X.

Lo sperimentatore propone al paziente di partecipare ad uno studio che testi la nuova opzione rispetto al trattamento consolidato, informandolo che sarà inserito casualmente nel braccio sperimentale della nuova opzione o in quello del trattamento consolidato.

Nel caso specifico della SM, tutti i pazienti riceverebbero il trattamento consolidato ed i bracci sperimentali riguarderebbero soltanto la correzione o meno della malformazione.

Il governo clinico della CCSVI e SM, allo stato attuale, è profondamente differente.

A torto o a ragione, siamo davanti ad un’elevata domanda a parte dei pazienti a fronte di un’offerta limitata. Il paziente non accetta la randomizzazione, egli vuole quel trattamento.

Se non ottiene quanto richiede, si rivolge altrove, alla sanità privata o all’estero, prevalentemente in strutture private senza alcuna credenziale o con credenziali molto discutibili.

Paradossalmente, il massimo rigore scientifico adottato apre la porta a trattamenti in strutture non qualificate. Un risultato che contrasta con l’auspicio che la stessa risoluzione del CSS riporta, nell’ultima pagina, contro ogni lucrosa speculazione.”

Considerazioni

In tutto il mondo, recentemente, sono nati studi atti a confermare le teorie di Zamboni. La più ampia indagine per verificare tale teoria è avvenuta presso il Neuroimaging Analysis Center di Buffalo. In merito al trattamento della CCSVI nei pazienti affetti da SM, i dati pubblicati mostrano un miglioramento della circolazione venosa cerebrale ed una riduzione del  numero di ricadute e di lesioni attive, nonché un miglioramento della qualità della vita. In soggetti affetti da SM progressiva questo andamento si blocca o rallenta. Secondo quanto pubblicato, questa esperienza protratta nell’osservazione per 2 anni è da considerare con attenzione come un trattamento efficace contro la SM da aggiungere ai trattamenti esistenti.

Viene il sospetto che vincolando l’utilizzo della dilatazione venosa alla sola sperimentazione, si subisca la suggestione dell’industria farmaceutica che, peraltro, nella specifica malattia, ha fornito sinora soltanto farmaci costosi, di utilizzo protratto ma di scarsa efficacia.

Voglia la Regione Puglia consentire l’effettuazione della procedura in tutti i malati di SM che abbiano evidenza di una CCSVI prevedendo una accurata registrazione degli effetti collaterali e dei benefici terapeutici che si conseguiranno. Si rischia di privare, diversamente, una malattia con scarse possibilità di cura ed ancor meno di guarigione, di una procedura medica fortemente sospettata di poter produrre benefici.

Tutte le informazioni sulla nuova scoperta del prof. Zamboni, la CCSVI, e sugli sviluppi della stessa nei pazienti affetti da SM sono tratte dal sito www.ccsvi.it

Gino Stasi Avv. Stefano Palmisano

Medicina Democratica Salute Pubblica

Brindisi, 20 maggio 2011