Di Maurizio Portaluri

Il Ministero della Salute italiano l’8 novembre 2021 ha emanato un decreto con il quale ha individuato i centri della Rete Italiana Screening Polmonare (RISP) per la realizzazione del programma di prevenzione e monitoraggio del tumore al polmone. Si tratta di 18 centri coordinati dall’Istituto Nazionale dei Tumori. Il decreto motiva l’avvio del programma nei seguenti termini: “I risultati a lungo termine di tre studi randomizzati condotti negli USA in Europa e in Italia (NLST, NELSON, MILD) che hanno dimostrato che uno screening con LDCT (Low Dose Computed Tomography = TAC a basso dosaggio) nei forti fumatori può ottenere una riduzione della mortalità per cancro compresa tra il 20% e il 39%, secondo la durata dell’intervento”.

I centri del RISP dovranno reclutare soggetti tra i 55 e 75 anni che abbiano fumato almeno un pacchetto di sigarette/die per trent’anni o ex fumatori da almeno 10 anni. Il programma dovrà concludersi entro il settembre 2023 e dovrà sottoporre a LDCT poco più di 7000 persone reclutate attraverso i medici di famiglia o altri mezzi come la comunicazione alla popolazione.

Secondo le stime del Ministero tra fumatori ed ex fumatori la popolazione target si aggira su circa 1,5 milioni.

Si tratta di un primo passo verso lo screening di questo tumore definito “Big Killer” per la sua ancora elevata mortalità.

Ciò che non si comprende è perché, di fronte ad una evidenza tanto chiara del beneficio di questo screening, lo si limiti ad una così piccola quota di popolazione rispetto alla platea ritenuta in possesso dei requisiti per esservi sottoposta. Sotto vi sarà probabilmente di una considerazione economica, perché una TAC ogni due anni comporterebbe un costo elevato. Non si considera però quale sia il costo delle cure dei tumori del polmone in stadio avanzato senza trascurare le riduzioni cui è stata sottoposta la spesa sanitaria nel nostro paese a fronte di un incremento di quelle militari.

Il decreto precisa che le somme stanziate per eseguire questo progetto pilota, che dovrà  studiare la fattibilità dello screening del tumore al polmone in Italia, verranno erogate a condizione che nel settembre di quest’anno i centri individuati in quasi tutte le regioni dimostreranno uno stato di avanzamento apprezzabile del progetto. Ma già qualcuno ha cominciato a dire che la quarta ondata della pandemia renderà difficile questa attività tanto più, aggiungiamo, che molte prestazioni di diagnostica saltate per la sospensione o riduzione delle attività sanitarie a causa dell’elevato numero di ricoveri negli ospedali devono essere recuperate o forse, essendo trascorsi due anni, non saranno mai recuperate.

Da diversi anni riportiamo evidenze (1) della utilità dello screening del tumore al polmone nei soggetti ad alto rischio che non sono solo i fumatori ma anche i lavoratori ex esposti all’amianto e ad altri cancerogeni per il polmone. Non vi è nessuna ragione per non estendere a tutti i forti fumatori e ad agli ex fumatori nonché ai soggetti a rischio per le pregresse esposizioni occupazionali lo screening con la TAC a basso dosaggio. I soldi ci sono, basta ridurre le missioni di guerra all’estero del nostro paese.

Brindisi, 24 gennaio 2021

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